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Roma. 4-5-6- Luglio 2014. Congresso Nazionale.
Ultimo aggiornamento Martedì 17 Giugno 2014 10:39 Scritto da Sandro Martedì 17 Giugno 2014 10:29
NUOVE RESISTENZE – CONFLITTO SOCIALE
SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE
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CONGRESSO NAZIONALE
DELL’UNIONE SINDACALE ITALIANA
ROMA 4-5-6 LUGLIO 2014
CASA – LAVORO – REDDITO – SERVIZI PUBBLICI - DIRITTI
BASTA AUSTERITA’ - NO: ai licenziamenti, ai tagli e alle riduzioni salariali,
alle privatizzazioni e alle esternalizzazioni
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IL 4 LUGLIO DALLE ORE 16 ARRIVO E ACCREDITO DELEGAZIONI C/O LA CAMERA DEL LAVORO AUTORGANIZZATA DEL QUARTICCIOLO IN VIA OSTUNI 9 – INFORMAZIONI E DISTRIBUZIONE MATERIALI – CENA SOCIALE
IL 5 LUGLIO DALLE ORE 10 INIZIO CONGRESSO PRESSO L’ASSOCIAZIONE IL CIELO SOPRA L’ESQUILINO IN VIA GALILEI 57 (FERMATA METRO A MANZONI), CON INTERVENTI DEI SINDACATI NAZIONALI E DELLE FEDERAZIONI INTERCATEGORIALI anche sui punti all’OdG . PRANZO
DALLE ORE 16 ALLE ORE 19 DIBATTITO APERTO ALLE STRUTTURE SINDACALI E SOCIALI INVITATE: “RESISTENZE, CONFLITTO SOCIALE E LOTTA DI CLASSE”.
A seguire riunioni delle commissioni presso le Camere del Lavoro Autorganizzate (Quarticciolo – Marconi – Trullo)
IL 6 LUGLIO DALLE ORE 10 ALLE ORE 18 RIUNIONE CONGRESSUALE RISERVATA AI DELEGATI USI SULL’ODG:
1) Strategia sindacale della Confederazione USI;
2) Intervento politico-sociale dell’USI;
3) Rafforzamento/costituzione/unificazione dei sindacati nazionali autogestiti e delle Federazioni Territoriali intercategoriali
4) Integrazioni statutarie e costituzione di un fondo cassa di solidarietà
5) Alleanze e Reti sia a livello locale che internazionale
6) Organi di stampa/blog/siti/pagine FB della Confederazione
7) Elezione degli Organi statutari dell’USI, delle Federazioni Intercategoriali, dei Sindacati Nazionali e delle Associazioni Federate
8) Varie ed eventuali
UNIONE SINDACALE ITALIANA
USI - fondata nel 1912 - Fedele ai principi dell’AIT
Segreteria Nazionale
Roma Largo Veratti 25 00146
Tel 06/70451981
Fax 06/77201444
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Sito nazionale www.usiait.it
Campagna di solidarietà: GaleanoVive
Ultimo aggiornamento Venerdì 23 Maggio 2014 07:53 Scritto da Sandro Venerdì 23 Maggio 2014 07:50
GaleanoVive
Desde esta Secretaría os solicitamos una nueva tanda de envios de mail y correo electrónico porque después de la agresión al Caracol de La Realidad y del asesinato del compañero Galeano consideramos que es indispensable:
.- continuar la campaña de apoyo a las Comunidades y a los logros zapatistas, a la construcción de Autonomía social e indígena.
.- señalar a los responsables, en particular al gobernador de Chiapas, Manuel Velasco Coello.
Para esto les pedimos a todos los compañeros y compañeras de la CGT, de la Sexta y a toda la gente honesta que, a partir de la tarde del 23 de mayo y hasta la tarde del 26 de mayo, envíen repetidamente los siguientes mensajes:
Por Twitter:
@VelascoM_ y @gubernaturachis si tocan a los Zapatistas nos tocan a todos #VelascoParamilitar #GaleanoVive
@VelascoM_ y @gubernaturachis los ojos del mundo están sobre ustedes #VelascoParamilitar #GaleanoVive
Por correo electrónico:
Correo:
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Manuel Velasco: Si tocan a los Zapatistas nos tocan a todos. Los ojos del mundo están sobre ustedes.
Exigimos justicia por el asesinato del Compañero Galeano, un alto a la paramilitarización de Chiapas y respeto a las comunidades zapatistas que construyen su autonomía por la vía de la paz.
*********** De paso, queremos agradecer a todos los compañeros y compañeras que el pasado dia 18, domingo, estuvieron participando en la campaña por twitter. Las estadísticas reflejan que logramos una repercusión media alta, con más de 7500 y que, en momentos puntuales logramos ser tendencia, tanto en mexico como en españa. Fue un esfuerzo puntual, un acto muy concreto, una novedad en la forma de aplicar transnacionalmente la protesta en la red en un período temporal corto y concreto, una prueba, en definitiva, que nos ha demostrado puede ser válida. Gracias por el apoyo.***********
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Equipo de Trabajo CGT México
Àngel Bosqued
Secretaría Relaciones Internacionales - CGT
+34 669114920
@CGTrelinternac
Uscire o no dall’euro: gli effetti sui salari. Da Sinistrarete
Ultimo aggiornamento Venerdì 23 Maggio 2014 07:44 Scritto da Sandro Venerdì 23 Maggio 2014 07:35
Uscire o no dall’euro: gli effetti sui salari
Emiliano Brancaccio* e Nadia Garbellini**
Uno studio sugli effetti salariali e distributivi della permanenza o dell’uscita dall’euro. Il pericolo di una “grande inflazione” in caso di uscita, evocato da Draghi, non trova riscontri adeguati. Ma anche l’opinione secondo cui gli effetti salariali e distributivi di un abbandono dell’euro non dovrebbero destare preoccupazioni è smentita dalle evidenze empiriche. Se si vuole salvaguardare il lavoro, la critica della moneta unica deve essere accompagnata da una critica del mercato unico europeo.
Negli ultimi cinque anni la Germania ha conseguito una crescita del Pil di quasi tre punti percentuali, a fronte di una caduta superiore ai sette punti in Italia. Si tratta di una divaricazione che non ha precedenti dal secondo dopoguerra. Giovedì scorso, gelando gli ottimisti al governo, Eurostat ha confermato la tendenza: confrontando il Pil del primo trimestre 2014 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, si rileva una crescita superiore ai due punti percentuali in Germania e una ulteriore diminuzione di mezzo punto in Italia.[1] Semmai ve ne fosse stato bisogno, siamo di fronte all’ennesima conferma del “monito degli economisti” pubblicato sul Financial Times nel settembre scorso: le politiche di austerity e di flessibilità del lavoro non riescono a ridurre le divergenze tra i paesi membri dell’Eurozona, ma per certi versi tendono persino ad accentuarle.[2]
L’allargamento della forbice macroeconomica tra i paesi dell’euro tiene vivo il dibattito sulla sostenibilità futura dell’Unione monetaria europea e sulle implicazioni di una sua possibile deflagrazione. Ma se un paese abbandonasse l’eurozona quali sarebbero gli effetti sul potere d’acquisto dei salari e sulla distribuzione del reddito tra salari e profitti? Come talvolta accade, anche su questo tema si sono formate due opposte fazioni di ultras. I sostenitori dell’uscita dall’euro senza se e senza ma confidano nella opinione di quei commentatori secondo i quali «l’esperienza storica non presta particolare supporto alle preoccupazioni» riguardanti i salari e la distribuzione dei redditi.[3] Di contro, gli apologeti della permanenza nell’euro a tutti i costi hanno sostenuto che una uscita dalla moneta unica determinerebbe un crollo inesorabile del potere d’acquisto delle retribuzioni, che sarebbe avvalorato dalla previsione di Mario Draghi secondo cui «i paesi che lasciano l’eurozona e svalutano il cambio creano una grande inflazione».[4]Quale di queste visioni contrapposte trova conferme nei dati? Uno sguardo alle passate crisi valutarie può aiutare a rispondere. In due studi di prossima pubblicazione abbiamo selezionato i casi di “crisi valutaria” che si sono verificati nell’arco di oltre un trentennio, a partire dal 1980. Dai 28 episodi individuati è emerso un quadro decisamente più complesso rispetto alle semplificazioni delle opposte tifoserie in campo.[5]
In primo luogo, il pericolo di una “grande inflazione” evocato da Draghi non trova riscontri adeguati. Guardando l’intero campione di episodi, il tasso d’inflazione mediano dell’indice dei prezzi al consumo in effetti aumenta di quattordici punti percentuali, passando dal 10,6 percento nell’anno prima della crisi al 24,6 nell’anno della svalutazione. Si tratta di un incremento rilevante. Tuttavia, se si confrontano i valori mediani nei cinque anni prima della crisi con quelli relativi ai cinque anni successivi alla crisi, l’aumento dell’inflazione è più modesto: meno di tre punti, dal 16,0 al 18,9 percento. Ma soprattutto, se si escludono i paesi meno sviluppati dal campione e si concentra l’attenzione sui soli paesi ad alto reddito procapite, la crescita dell’inflazione nell’anno della crisi risulta decisamente più contenuta: poco più di due punti percentuali, dal 4,5 al 6,7 percento. Inoltre, confrontando i cinque anni precedenti alla crisi con i cinque successivi, si scopre che nei paesi ad alto reddito l’inflazione tende addirittura a diminuire, dal 6,4 al 4,1 percento. Dunque, almeno per quanto riguarda l’Italia e i paesi relativamente più ricchi, lo spauracchio più volte evocato secondo cui lasciando l’euro saremmo costretti a far la spesa con una carriola piena di soldi svalutati, non trova conferme nell’evidenza storica.
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