Orario di Lavoro. R.D.L. 15-3-1923 n. 692
R.D.L. 15-3-1923 n. 692
Limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 aprile 1923, n. 84 e convertito nella L. 17 aprile 1925, n. 473. La materia venne più adeguatamente disciplinata dalla L. 16 marzo 1933, n. 527, recante la disciplina degli orari di lavoro nelle aziende industriali. La predetta legge fu abrogata dal R.D.L. 29 maggio 1937, n. 1768, recante riduzione della settimana lavorativa a 40 ore. L'applicazione del predetto decreto è stata sospesa «fino a diversa disposizione» dalla L. 16 luglio 1940, n. 1109, per cui deve ritenersi in vigore il decreto n. 692 che qui si riporta.
Epigrafe
1. Orario massimo normale di lavoro.
2. Aziende agricole.
3. Caratteri del lavoro effettivo.
4. Ripartizione dell'orario massimo normale sui periodi ultrasettimanali.
5. Lavoro straordinario.
5-bis.
6. Lavori preparatori e complementari.
7. Casi di forza maggiore e di imminente pericolo.
8. Nullità dei patti contrari.
9. Sanzioni amministrative.
10. Regolamenti.
11. Deroghe temporanee consensuali.
12. Entrata in vigore.
13. Riforme correlative.
14.
R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692 (1).
Limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura (2).
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 aprile 1923, n. 84 e convertito nella L. 17 aprile 1925, n. 473. La materia venne più adeguatamente disciplinata dalla L. 16 marzo 1933, n. 527, recante la disciplina degli orari di lavoro nelle aziende industriali. La predetta legge fu abrogata dal R.D.L. 29 maggio 1937, n. 1768, recante riduzione della settimana lavorativa a 40 ore. L'applicazione del predetto decreto è stata sospesa «fino a diversa disposizione» dalla L. 16 luglio 1940, n. 1109, per cui deve ritenersi in vigore il decreto n. 692 che qui si riporta.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 20 febbraio 1996, n. 40; Circ. 28 agosto 1996, n. 174; Circ. 23 gennaio 1997, n. 13;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR; Circ. 10 luglio 1996, n. 100/96; Nota 11 giugno 1999;
- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 20 febbraio 1997, n. 1810/S/IPP/1482;
- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 6 novembre 2001, n. 1900.
(giurisprudenza di legittimità)
1. Orario massimo normale di lavoro.
La durata massima normale della giornata di lavoro degli operai ed impiegati nelle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, anche se abbiano carattere di Istituti d'insegnamento professionale o di beneficenza, come pure negli uffici, nei lavori pubblici, negli ospedali (3) ovunque è prestato un lavoro salariato o stipendiato alle dipendenze o sotto il controllo diretto altrui, non potrà eccedere le otto ore al giorno o le 48 ore settimanali di lavoro effettivo (4).
Il presente decreto non si applica al personale addetto ai lavori domestici (5), al personale direttivo delle aziende (6) ed ai commessi viaggiatori.
Per i lavori eseguiti a bordo delle navi, per gli uffici ed i servizi pubblici, anche se gestiti da assuntori privati, si provvederà con separate disposizioni.
(3) Vedi voce n. 13 Tabella approvata con R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657.
(4) Per il lavoro effettivo vedi artt. 5 e 7, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955 ed artt. 4 e 6, R.D. 10 settembre 1923, n. 1956.
(5) Vedi l'art. 3, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955. Vedi, anche, L. 2 aprile 1958, n. 339.
(6) Vedi l'art. 3, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955.
2. Aziende agricole.
Per le aziende agricole le disposizioni del presente decreto sono applicabili all'avventiziato. Per le altre forme di contratto a salario sarà provveduto in sede di regolamento di concerto con il Ministro dell'agricoltura.
Sono esclusi contratti di lavoro a compartecipazione (7).
(7) Vedi il R.D. 10 settembre 1923, n. 1956.
(giurisprudenza di legittimità)
3. Caratteri del lavoro effettivo.
È considerato lavoro effettivo ai sensi del presente decreto ogni lavoro che richieda un'applicazione assidua e continuativa. Conseguentemente non sono comprese nella dizione di cui sopra quelle occupazioni che richiedono per la loro natura o nella specialità del caso, un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia (8).
(8) Vedi Tabella di cui al R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, artt. 5 e 6, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955 ed artt. 4 e 9, R.D. 10 settembre 1923, n. 1956.
4. Ripartizione dell'orario massimo normale sui periodi ultrasettimanali.
Nei lavori agricoli e negli altri lavori per i quali ricorrano necessità imposte da esigenze tecniche o stagionali le 8 ore giornaliere o le 48 ore settimanali, di cui all'art. 1, potranno essere superate, purché la durata media del lavoro, entro determinati periodi, non ecceda quei limiti che saranno stabiliti con decreto Reale su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, uditi i Ministri competenti ed il Consiglio dei Ministri oppure con accordi stipulati tra le parti interessate (9).
Nei casi di urgenza le autorizzazioni devolute al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale possono essere date provvisoriamente dal capo circolo dell'Ispettorato del lavoro (10).
(9) Vedi l'art. 5, R.D. 10 settembre 1923, n. 1956 e l'art. 8, R.D. 10
settembre 1923, n. 1955, nonché la tabella di cui al R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657.
(10) Ora Capo dell'ispettorato del lavoro.
(giurisprudenza di legittimità)
5. Lavoro straordinario.
È autorizzata quando vi sia accordo tra le parti, l'aggiunta alla giornata normale di lavoro, di cui nell'art. 1, di un periodo straordinario che non superi le due ore al giorno e le dodici ore settimanali, od una durata media equivalente entro un periodo determinato a condizione, in ogni caso, che il lavoro straordinario venga computato a parte e remunerato con un aumento di paga su quella del lavoro ordinario, non inferiore al 10 per cento o con un aumento corrispondente sui cottimi (11).
(11) Vedi l'art. 9, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955.
(giurisprudenza di legittimità)
5-bis. 1. Nelle imprese industriali, in caso di superamento delle 45 ore settimanali, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, il datore di lavoro informa, entro 24 ore dall'inizio di tali prestazioni, la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio, che vigila sull'osservanza delle norme di cui al presente articolo.
2. Il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto. In assenza di disciplina ad opera di contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore e prestatore di lavoro per un periodo non superiore a 250 ore annuali e a 80 ore trimestrali.
La contrattazione integrativa si esercita nell'ambito dei tetti stabiliti dai contratti nazionali.
3. Il ricorso al lavoro straordinario è inoltre ammesso, salvo diversa previsione del contratto collettivo, in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la cessazione del lavoro a orario normale costituisca un pericolo o un danno alle persone o alla produzione; c) mostre, fiere e manifestazioni collegate all'attività produttiva, allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposto per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e, in tempo utile, alle rappresentanze sindacali in azienda, nonché altri eventi particolari individuati da contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative.
3-bis. Nei casi in cui si ricorra al lavoro straordinario ai sensi delle lettere a) e b) del comma 3, il datore di lavoro ne dà comunicazione, entro 24 ore dall'inizio di tali prestazioni, alle rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
4. In caso di violazione delle disposizioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 300.000 per ogni singolo lavoratore adibito a lavoro straordinario oltre i limiti temporali e al di fuori dei casi previsti dalla presente legge (12).
(12) Articolo inserito dalla L. 30 ottobre 1955, n. 1079, recante modifiche al R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692. Da ultimo, detto articolo è stato così sostituito in via transitoria, in attesa della nuova disciplina dell'orario di lavoro, dall'art. 1, D.L. 29 settembre 1998, n. 335, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
6. Lavori preparatori e complementari.
Sono ammesse deroghe consensuali per i lavori preparatori e complementari che debbano essere eseguiti al di fuori dell'orario normale delle aziende (13).
(13) Vedi l'art. 10, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, e l'art. 8, R.D. 10 settembre 1923, n. 1956.
7. Casi di forza maggiore e di imminente pericolo.
Il lavoro potrà essere prolungato al di là dei limiti indicati negli articoli precedenti, nei casi di forza maggiore ed in quelli nei quali la cessazione del lavoro ad orario normale, costituisse un pericolo e danno alle persone od alla produzione. Il prolungamento dovrà essere denunziato dal datore di lavoro all'Ispettorato del lavoro (14).
(14) Vedi l'art. 11, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, e gli artt. 6 e 8, R.D. 10 settembre 1923, n. 1956.
8. Nullità dei patti contrari.
È nulla ogni pattuizione contraria alle disposizioni del presente decreto.
(giurisprudenza di legittimità)
9. Sanzioni amministrative.
Le violazioni delle disposizioni del presente decreto da parte dei datori di lavoro e dei loro incaricati sono punite con la sanzione amministrativa da lire cinquantamila a lire trecentomila. Se l'inosservanza si riferisce a più di cinque lavoratori, ovvero si è verificata nel corso dell'anno solare per più di cinquanta giorni, si applica la sanzione amministrativa da lire trecentomila a lire due milioni (15).
(15) Articolo, da ultimo, così sostituito dall'art. 3, primo comma, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758. Il secondo comma del citato art. 3 ha disposto che per le violazioni di cui all'art. 9, primo comma, secondo periodo, non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'art. 16, L. 24 novembre 1981, n. 689.
10. Regolamenti.
Con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concerto con i Ministri dell'industria ed il commercio e per l'agricoltura, saranno emanate disposizioni regolamentari per la determinazione dei lavori preparatori e complementari, ai sensi e per gli effetti dell'art. 6 e delle modalità necessarie all'applicazione del presente decreto, in relazione alle varie esigenze della tecnica industriale e dell'economia agraria.
11. Deroghe temporanee consensuali.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale potrà consentire deroghe temporanee all'applicazione del presente decreto per determinate industrie.
12. Entrata in vigore.
Il presente decreto entrerà in vigore quattro mesi dopo la sua pubblicazione.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto col Ministro per l'industria ed il commercio, e, per ciò che riguarda le aziende agricole, con il Ministro per l'agricoltura potrà differire, per un tempo non superiore ai 12 mesi il termine di entrata in vigore del presente decreto, per quelle aziende o reparti di aziende che dimostrassero di dovere, per obbedire al decreto stesso, modificare notevolmente gli impianti rispettivi.
13. Riforme correlative.
Con Regio Decreto, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sarà provveduto a modificare quelle disposizioni delle vigenti leggi sul lavoro, le quali fossero di ostacolo alla introduzione del nuovo orario prescritto dal presente decreto.
14. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per essere convertito in legge.