Lavoro, sì della Camera al ddl: più paletti sul ricorso all’arbitro.
Lavoro, sì della Camera al ddl: più paletti sul
ricorso all’arbitro.
Ora passa al Senato
Data: 29/04/2010 11:29
Roma, 29 aprile - Primo giro di boa per il collegato lavoro che taglia il traguardo di Montecitorio passando così al Senato. Il disegno di legge, rinviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 31 marzo scorso, è stato approvato dalla Camera con 259 sì, 214 no, 35 astenuti. Ora passa in seconda lettura al Senato. Il provvedimento ha già fatto una lunga 'navetta' fra le due Camere cominciando nel settembre 2008 il suo 'viaggio' terminato (dopo quattro letture) il 3 marzo in via definitiva. Poi è giunto il messaggio di rinvio del capo dello Stato e il 'viaggio' parlamentare è ricominciato. Il collegato lavoro è un provvedimento 'ricco' di capitoli delicati come quello dell'arbitrato secondo equità su cui si è soffermato, fra gli altri, proprio Napolitano nel messaggio di rinvio. Il nuovo testo presenta, quindi, modifiche significative solo alle parti citate dal presidente della Repubblica: la norma sui danni da amianto per i lavoratori a bordo del naviglio di Stato che ora dà loro certezza di risarcimento; la norma sull'arbitrato che introduce nuovi paletti volti a garantire l'effettiva volontarietà delle parti di farvi ricorso; la norma sui licenziamenti individuali che ora prevede l'obbligo di comunicazione in forma scritta e la norma sui rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che ora obbliga l'azienda a stipulare un contratto a tempo indeterminato al collaboratore che abbia vinto la causa. Resta per il momento irrisolto il conflitto di interpretazione dell'emendamento Damiano (Pd) su cui il governo è stato battuto in Aula. Si tratta di una modifica all'articolo sull'arbitrato in base alla quale le commissioni di certificazione devono accertare l'effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie già insorte (e non che eventualmente dovessero insorgere). Un participio passato che, stando all'interpretazione del Pd, significa che le parti devono dichiarare se vogliono affidarsi ad un arbitro non prima dell'insorgere di una controversia (come prevedeva il testo della Commissione), ma solo dopo. Interpretazione bocciata però da governo e maggioranza che ritengono invece ininfluente la modifica. Prendendo, quindi, a riferimento l'interpretazione di Pdl ed esecutivo, ecco in pillole i capitoli del collegato richiamati da Napolitano (articoli 20,30,31,32 e 50) alcuni dei quali modificati più profondamente, altri meno. - Danni amianto, risarcimento senza responsabilità penali (art.20) Niente responsabilità penali per i danni subiti dai lavoratori a bordo del naviglio di Stato, ma certezza di risarcimento per i soggetti danneggiati o per i loro eredi. - Arbitrato sì ma con nuovi vincoli (art.31) Le parti possono affidare ad un arbitro la soluzione di una controversia in caso di esplicita previsione al riguardo contenuta in accordi interconfederali o contratti collettivi, ma la clausola compromissoria (nella quale la scelta arbitrale deve essere esplicitata) non può essere pattuita e sottoscritta prima che sia terminato il periodo di prova o, comunque, prima di 30 giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro. La clausola compromissoria non può riguardare le controversie relative ai licenziamenti. Inoltre, le parti davanti alle commissioni di certificazione possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell'organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato. - Uno schermo in più al giudizio secondo equità (art.31) L'arbitrato irrituale (quello che consente al giudice di valutare secondo equità e quindi potendo derogare alle norme di legge) deve svolgersi non solo nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento (come già previsto dalla stesura originaria), ma anche nel rispetto dei principi regolatori in materia di lavoro e dei principi derivanti da obblighi comunitari. - Unico grado per impugnare lodo (art.31) Nel caso di impugnazione (per nullità) del lodo arbitrale irrituale (vale a dire secondo equità), decide il Tribunale in unico grado (e non, invece, secondo i diversi gradi di giudizio). - Più limiti a intervento governo (art.31) Il testo originario stabiliva che le parti potessero inserire nelle clausole compromissorie il ricorso all'arbitrato solo se ciò fosse previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi ma stabiliva anche che, in assenza degli uni e degli altri dopo 12 mesi dalla legge, il ministro potesse intervenire per decreto. Il nuovo testo, invece, prevede che "in assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorso un anno dalla data di entrata in vigore della legge", il titolare del Lavoro convochi le parti sociali "per promuovere un accordo". Se poi non si riesce comunque ad arrivare alla stipulazione di tale accordo, "entro i sei mesi successivi alla data di convocazione", il ministro a quel punto individua "in via sperimentale, con proprio decreto, le modalità di attuazione e di piena operatività delle norme", tenendo conto delle "risultanze istruttorie del confronto fra le parti stesse". - Conciliazione volontaria salvo casi specifici (art.31) Su questo fronte nulla è cambiato rispetto al testo della Commissione. Attraverso modifiche al codice di procedura civile (art.410) si stabilisce che il tentativo di conciliazione, finora da esperire obbligatoriamente prima di adire l'autorità giudiziaria, diventa invece facoltativo. Resta invece obbligatorio quando il ricorso giurisdizionale riguardi la certificazione dei rapporti di lavoro. Caso, questo, che in genere riguarda soprattutto le collaborazioni a progetto. - Forma scritta per il licenziamento (art.32) La comunicazione di licenziamento deve avvenire in forma scritta. E, in particolare, il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione scritta, o della comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento. - Indennità ridotte per violazioni contratti a termine (art.32) Nei casi in cui, a seguito della violazione delle norme relative al contratto di lavoro a tempo determinato, sia prevista la sua trasformazione in contratto a tempo indeterminato, il datore di lavoro è obbligato a risarcire il lavoratore con una indennità onnicomprensiva da 2,5 a 12 mensilità, ridotta alla metà nel caso di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati a termine nell'ambito di specifiche graduatorie. Indennità sì, quindi (eventualmente ridotte), ma niente sanzioni. Questa previsione si applica anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge. - Contratto a tempo indeterminato per collaboratore che vince causa (art.50) Il testo di partenza stabiliva che, in caso di vittoria del lavoratore e quindi di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, il datore di lavoro potesse risarcirlo con mensilità da un minimo di 2,5 ad un massimo di 6 (escludendo qualsiasi soluzione della controversia che possa essere più pesante per l'azienda) qualora, però, il datore avesse offerto al lavoratore entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato. Nel testo ritoccato dalla Commissione si stabilisce qualcosa di più e cioè che il datore debba offrire al lavoratore anche un contratto a tempo indeterminato dopo l'entrata in vigore di questa legge. - Confini a giudici in valutazioni licenziamenti (art.30) Il giudice, nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle clausole in esso contenute, non può discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse nell'ambito della certificazione dei contratti di lavoro (salvo nei casi di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra la previsione negoziale certificata e la sua attuazione). Nei contenziosi relativi ai licenziamenti individuali, il giudice, nel fare le proprie valutazioni sulle ragioni poste alla base del licenziamento, deve tenere conto, '' delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro o, se stipulati con l'assistenza delle commissioni di certificazione, nei contratti individuali di lavoro ''. Non deve invece tenere conto (e questa è una novità introdotta in Commissione) delle fondamentali regole del vivere civile e dell'oggettivo interesse dell'organizzazione. Il giudice, inoltre, deve anche tenere conto di una serie di elementi quando si appresta a valutare le conseguenze da riconnettere al licenziamento: dimensioni e condizioni dell'attività del datore di lavoro; situazione del mercato del lavoro locale; anzianità e condizioni del lavoratore; comportamento delle parti contrattuali anche nel periodo precedente al licenziamento. L'art.30 inoltre amplia l'ambito di intervento della procedura di certificazione che ora è utilizzabile non solo per qualificare il tipo di contratto di lavoro, ma più in generale nell'ambito del contenzioso in materia di lavoro. Ora la certificazione opera, inoltre, su tutti i contratti in cui sia dedotta (direttamente o indirettamente) una prestazione di lavoro.