Adesione al CCNL. Fonte negoziale.
17 gennaio 2018
Adesione al CCNL libera per il datore
fuori dalle associazioni di categoria
a cura di Francesca Tosco - EUTEKNE.INFO
La mancata attuazione del sistema di registrazione ex art. 39, comma 4 Cost. – che avrebbe abilitato i sindacati a stipulare CCNL con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alla categoria di riferimento – confina i contratti collettivi fra le fonti negoziali di diritto comune, efficaci, quali atti di natura negoziale e privatistica, esclusivamente per gli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti o per coloro che, esplicitamente o implicitamente, vi abbiano prestato adesione.
Con riguardo alla parte datoriale, indipendentemente dalle dimensioni, non vi è obbligo di iscriversi ad un’associazione imprenditoriale di categoria. Qualora decida di iscriversi, il datore di lavoro può scegliere liberamente l’associazione cui aderire, ma, una volta iscritto, è obbligato ad applicare il relativo CCNL, senza possibilità di recesso unilaterale, neppure per eccessiva onerosità.
L’unica via per sottrarsi all’efficacia vincolante di tale atto è il recesso dall’associazione firmataria (Trib. Torino n. 1743/2016). In assenza di iscrizione ad un’associazione, al datore è, invece, riconosciuta discrezionalità nella scelta del trattamento economico e/o normativo di carattere collettivo da applicare ai dipendenti. L’art. 2070, comma 1 c.c. – secondo cui il contratto collettivo si determina in funzione dell’attività esercitata – si riferisce, infatti, all’abrogato ordinamento corporativo ed è incompatibile con un sistema di contrattazione collettiva di diritto comune basato sull’autodeterminazione.
In un sistema del genere, non sussiste il dovere di applicare un contratto collettivo (fatta salve alcune garanzie fondamentali), né, di scegliere il CCNL sottoscritto nel proprio settore merceologico, potendosi, al contrario, aderire anche a contratti di settori diversi.
Quanto sopra ha trovato conferma da parte della Cassazione, che ha affermato che, nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di un settore non corrispondente a quello dell’attività dell’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo richiamare tale disciplina come riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo l’inadeguatezza del trattamento economico previsto dal contratto applicato (Cass. SS.UU. nn. 2665/1997 e 24160/2015).
In sostanza, il contratto collettivo del settore stabilisce il parametro minimo retributivo a prescindere dal fatto che il datore di lavoro vi aderisca o meno. Per il resto, lasciando da parte i casi in cui l’azienda abbia convenienza ad applicare (parzialmente o integralmente) un CCNL per fruire di benefici per legge altrimenti preclusi, per i non iscritti la libertà sindacale si esplica anche nella scelta della contrattazione collettiva ritenuta più idonea, mediante un’adesione che può avvenire, oltre che in forma esplicita, nel contratto di lavoro o nella lettera di assunzione, anche implicitamente mediante un comportamento concludente. Quest’ultima fattispecie, riscontrabile nei casi di costante e prolungata applicazione delle norme di un determinato contratto collettivo, è, ovviamente, quella più controversa. Ove sorga un contenzioso circa l’applicabilità di un CCNL, spetta al giudice del merito accertare, attraverso l’indagine della volontà delle parti, se vi siano elementi per affermare la vincolatività della contrattazione.
La casistica è varia. Posto che, ai fini della prova del recepimento, è sicuramente necessario che vengano osservate le clausole più rilevanti e significative, si è sostenuto che il richiamo alle sole tabelle salariali contenute nel CCNL (Cass. n. 9999/2009) o il fatto che siano state effettivamente applicate soltanto alcune clausole non basti per concretizzare un’adesione implicita, tale da renderlo applicabile per intero (Cass. n. 5596/2001).
In altri casi, si è ritenuto applicabile l’intero contratto collettivo a fronte del richiamo non alle sole tabelle salariali e alla quattordicesima mensilità ivi previste, bensì anche a voci retributive – quali gli “arretrati da rinnovo CCNL” – riferite al contratto nel suo complesso (Cass. n. 10632/2009) ovvero dell’applicazione di compensi quali “quali l’E.D.R. e gli scatti di anzianità, istituti tipici della contrattazione collettiva” (Cass. n. 9252/2007).
Per alcuni giudici, l’applicazione spontanea e costante di molteplici clausole del contratto collettivo non comporta l’adesione allo stesso nella sua globalità, ma implica comunque la vincolatività anche delle clausole legate alle prime da un nesso di inscindibilità (Cass. n. 21302/2005). Altri, con riguardo ai casi in cui il datore, pur avendo applicato alcune clausole del contratto collettivo, ne abbia contestate esplicitamente altre, hanno escluso la ricorrenza di un recepimento (Cass. n. 319/1996).
Con riguardo alla parte datoriale, indipendentemente dalle dimensioni, non vi è obbligo di iscriversi ad un’associazione imprenditoriale di categoria. Qualora decida di iscriversi, il datore di lavoro può scegliere liberamente l’associazione cui aderire, ma, una volta iscritto, è obbligato ad applicare il relativo CCNL, senza possibilità di recesso unilaterale, neppure per eccessiva onerosità.
L’unica via per sottrarsi all’efficacia vincolante di tale atto è il recesso dall’associazione firmataria (Trib. Torino n. 1743/2016). In assenza di iscrizione ad un’associazione, al datore è, invece, riconosciuta discrezionalità nella scelta del trattamento economico e/o normativo di carattere collettivo da applicare ai dipendenti. L’art. 2070, comma 1 c.c. – secondo cui il contratto collettivo si determina in funzione dell’attività esercitata – si riferisce, infatti, all’abrogato ordinamento corporativo ed è incompatibile con un sistema di contrattazione collettiva di diritto comune basato sull’autodeterminazione.
In un sistema del genere, non sussiste il dovere di applicare un contratto collettivo (fatta salve alcune garanzie fondamentali), né, di scegliere il CCNL sottoscritto nel proprio settore merceologico, potendosi, al contrario, aderire anche a contratti di settori diversi.
Quanto sopra ha trovato conferma da parte della Cassazione, che ha affermato che, nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di un settore non corrispondente a quello dell’attività dell’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo richiamare tale disciplina come riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo l’inadeguatezza del trattamento economico previsto dal contratto applicato (Cass. SS.UU. nn. 2665/1997 e 24160/2015).
In sostanza, il contratto collettivo del settore stabilisce il parametro minimo retributivo a prescindere dal fatto che il datore di lavoro vi aderisca o meno. Per il resto, lasciando da parte i casi in cui l’azienda abbia convenienza ad applicare (parzialmente o integralmente) un CCNL per fruire di benefici per legge altrimenti preclusi, per i non iscritti la libertà sindacale si esplica anche nella scelta della contrattazione collettiva ritenuta più idonea, mediante un’adesione che può avvenire, oltre che in forma esplicita, nel contratto di lavoro o nella lettera di assunzione, anche implicitamente mediante un comportamento concludente. Quest’ultima fattispecie, riscontrabile nei casi di costante e prolungata applicazione delle norme di un determinato contratto collettivo, è, ovviamente, quella più controversa. Ove sorga un contenzioso circa l’applicabilità di un CCNL, spetta al giudice del merito accertare, attraverso l’indagine della volontà delle parti, se vi siano elementi per affermare la vincolatività della contrattazione.
La casistica è varia. Posto che, ai fini della prova del recepimento, è sicuramente necessario che vengano osservate le clausole più rilevanti e significative, si è sostenuto che il richiamo alle sole tabelle salariali contenute nel CCNL (Cass. n. 9999/2009) o il fatto che siano state effettivamente applicate soltanto alcune clausole non basti per concretizzare un’adesione implicita, tale da renderlo applicabile per intero (Cass. n. 5596/2001).
In altri casi, si è ritenuto applicabile l’intero contratto collettivo a fronte del richiamo non alle sole tabelle salariali e alla quattordicesima mensilità ivi previste, bensì anche a voci retributive – quali gli “arretrati da rinnovo CCNL” – riferite al contratto nel suo complesso (Cass. n. 10632/2009) ovvero dell’applicazione di compensi quali “quali l’E.D.R. e gli scatti di anzianità, istituti tipici della contrattazione collettiva” (Cass. n. 9252/2007).
Per alcuni giudici, l’applicazione spontanea e costante di molteplici clausole del contratto collettivo non comporta l’adesione allo stesso nella sua globalità, ma implica comunque la vincolatività anche delle clausole legate alle prime da un nesso di inscindibilità (Cass. n. 21302/2005). Altri, con riguardo ai casi in cui il datore, pur avendo applicato alcune clausole del contratto collettivo, ne abbia contestate esplicitamente altre, hanno escluso la ricorrenza di un recepimento (Cass. n. 319/1996).