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Cumulo riposi. art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 9 del D.Lgs. n. 66/2003

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MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, INTERPELLO N. 30 DELL’11 OTTOBRE 2007


Prot. 25/I/0013039
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 9 del D.Lgs. n. 66/2003 – cumulo fra riposo giornaliero e riposo settimanale.

Con apposita istanza di interpello la Confcommercio ha chiesto di conoscere il parere di questa
Direzione circa la corretta interpretazione del principio, stabilito dall’art. 9 del D.Lgs. n. 66/2003,
del cumulo fra il riposo giornaliero di 11 ore ed il riposo settimanale di 24 ore.
Ad avviso della Associazione, difatti, non è chiaro se tale criterio consista nel solo divieto di comprendere ovvero di assorbire le 11 ore del riposo giornaliero entro le 24 del riposo settimanale, oppure debba comportare anche la “continuatività” dei due riposi, per un totale di 35 ore consecutive. Il dubbio sarebbe fondato sulla circostanza secondo cui “il primo comma dell'articolo 9 del decreto 66/03, da un punto di vista strettamente letterale, stabilisce che il riposo settimanale è "da cumulare" con le ore di riposo giornaliero. Ma il concetto di cumulo comporta solo che i due riposi si sommino (trentacinque ore complessive) ma non anche che debbano essere fruiti in modo consecutivo”.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
Già con circolare n. 8 del 2005 questo Ministero ha avuto modo di precisare che: “anzitutto, deve ritenersi integrata la fattispecie sanzionatoria in tutte quelle ipotesi in cui, pur concedendo il
riposo delle 24 ore consecutive, il datore di lavoro non consenta il cumulo con il riposo giornaliero e cioè non aver concesso le 35 ore di riposo complessivo”.
È evidente che il riferimento alle “35 ore complessive” indica una precisa scelta dell’interprete nel senso di un cumulo “effettivo” e non puramente “formale” tra i diversi tipi di riposo.
Peraltro, tale interpretazione non comporta affatto una eccessiva rigidità per le imprese, come lamenta la scrivente Associazione (“diversamente risulterebbero non attuabili numerose modalità organizzative, da anni praticate anche sotto il precedente regime normativo, con grave danno per la produttività aziendale”). Il principio del cumulo, difatti, non solo conosce le eccezioni previste dall’art. 9, comma 2, lett. a), b) e c), tra le quali rientrano proprio le attività a turni citate dalla scrivente Associazione, ma può legittimamente essere derogato dai contratti collettivi di cui alla lett. d), sia pure a condizione che la concreta soluzione organizzativa individuata dall’azienda consenta di evitare la deroga anche al principio di non sovrapponibilità (o “infungibilità”) dei due riposi. In tale ultimo caso, difatti, l’interpretazione della norma verrebbe a configgere con quella fornita dalla Corte Costituzionale in materia di infungibilità tra le diverse tipologie di riposi (Corte Cost. 28 aprile 1976, n. 102).
Non può, dunque, ritenersi esteso al periodo di 35 ore il vincolo della consecutività (inderogabile) applicabile al singolo riposo settimanale di 24 ore.

IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Mario Notaro)
PP
G. Le.