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Pubblica Amminastrazione. Donne al lavoro un anno in più

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Donne al lavoro un anno in più


Al via la riforma dettata dall'Ue per l'accesso al trattamento di vecchiaia nel pubblico impiego
Dal 1° gennaio l'età per la pensione è passata a 61 anni Un anno (e fino a sei mesi) di lavoro in più per le donne del pubblico impiego. Un anno di lavoro in più per andare in pensione. Dal 1° gennaio 2010, infatti, ha preso il via il percorso di riforma che si concluderà il 1° gennaio 2018, quando il requisito d'età per l'accesso alla pensione delle lavoratrici del pubblico impiego si assesterà ai 65 anni, come già vigente per gli uomini. Fino a sei mesi di lavoro in più, inoltre, perché una volta raggiunti i requisiti di pensionamento, bisognerà comunque attendere un semestre per incassare la pensione (le finestre). La riforma tocca solo la pensione di vecchiaia e soltanto il settore pubblico: a partire da quest'anno, le donne potranno lasciare il lavoro all'età di 61 anni (fino al 31 dicembre 2009 bastavano 60 anni). Graziate le lavoratrici che entro la fine del 2009 sono riuscite a maturare il diritto alla pensione in base alle vecchie regole, cioè con 60 anni di età e 20 anni almeno di contributi.

Sono interessati i lavoratori/trici del pubblico impiego con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, nonché quelli con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 ameno che non optino per il sistema contributivoLe lavoratrici che al 31 dicembre 2009 abbiano maturato i requisiti di età (60 anni) e di anzianità contributiva conseguono il diritto alla pensione e possono ottenere la certificazione di tale diritto Per chi era in servizio alla data del 31 dicembre 1992, vale la deroga per cui si può andare in pensione con 15 anni di contributi

LA VECCHIAIA CONTRIBUTIVA (a)
Anni    Requisiti alternativi (b)

Fino al 31 dicembre 2009

Età di 60 anni alle donne (c) e 65 anni agli uomini, con almeno 5 anni di contributi; oppure Qualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure 35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità

Dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2011 Età di 61 anni alle donne (c) e 65 anni agli uomini, con almeno 5 anni di contributi; oppure Qualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure 35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità

Dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2013 Età di 62 anni alle donne (c) e 65 anni agli uomini, con almeno 5 anni di contributi; oppure Qualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità

Dal 1° gennaio 2014 Al 31 dicembre 2015 Età di 63 anni alle donne (c) e 65 anni agli uomini, con almeno 5 anni di contributi; oppure Qualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure 35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità
Dal1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 Età di 64 anni alle donne (c) e 65 anni agli uomini, con almeno 5 anni di contributi; oppure Qualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure 35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità

Dal 1° gennaio 2018 Età di 65 anni (uomini e donne) (c) con 5 anni di contributi;oppureQualsiasi età (uomini e donne), in presenza di 40 anni di contribuzione; oppure 35 anni di contributi e l’età prevista per il pensionamento di anzianità

Sono interessati i lavoratori/trici del pubblico impiego neoassunti/e al 1° gennaio 1996 (cioè “privi di anzianità contributiva” a tale data) e quelli che optano per il sistema contributivo Mantiene diritto alla pensione chi ha maturato entro il 31 dicembre 2007 i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa precedente: 57 anni di età e 5 anni almeno di contribuzione con un importo di pensione non inferiore a 1,2 l’importo dell’assegno sociale. A condizione che l’assegno di pensione non risulti inferiore a 1,2 volte la misura dell’assegnosociale
Una riforma tutta «rosa» Capodanno amaro, dunque, per le donne del pubblico impiego.

Perché la riforma, infatti, interessa soltanto le lavoratrici donne del settore del pubblico impiego, mentre non sono toccate da alcuna novità le lavoratrici impiegate nel settore privato. Una riforma dettata dall'obbligo di adeguarsi alla sentenza della corte Ue C-46/07, con cui è stato rifilato all'Italia un cartellino giallo perché non dà garanzie di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di pensioni dei dipendenti pubblici (l'alternativa sarebbe stata quella di farsi carico del pagamento di pesanti sanzioni). Il nostro sistema pensionistico (pubblico e privato) prevede due principali assegni di pensione: quella di vecchiaia e quella di anzianità. La riforma tocca solo il primo assegno (la vecchiaia). Ci sono due i tipi di pensione di vecchiaia: retributiva e contributiva. La riforma eleva gradualmente l'età di pensionamento di vecchiaia per entrambe le tipologie: un anno in più ogni due anni a partire da quest'anno (il 2010) per finire ai 65 anni dal 1° gennaio 2018. La «tipologia» di pensione di vecchiaia distingue in due l'universo di lavoratori e lavoratrici: da una parte quelli che appartengono al vecchio e più conveniente sistema retributivo; dall'altra parte quelli che appartengono al nuovo e meno vantaggioso sistema contributivo. In particolare:i lavoratori e le lavoratrici neoassunti/e al 1° gennaio 1996 (neoassunti sta anche per «privi di anzianità contributiva» a tale data) e quelli che optano per il nuovo sistema sono soggetti all'applicazione integrale delle nuove regole di accesso e del metodo di calcolo contributivo. In questo sistema è prevista soltanto la pensione di vecchiaia; i lavoratori e la lavoratrici con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 sono soggetti al calcolo della pensione con il cosiddetto sistema misto (cioè retributivo per la parte di pensione relativa alle anzianità maturate prima del 1996, e contributivo per quelle maturate dopo tale data) e accedono alle prestazioni secondo le regole del sistema retributivo (a meno che non optino il contributivo integrale). Per loro è prevista sia la pensione di anzianità sia quella di vecchiaia; i lavoratori e le lavoratrici con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 rimangono soggetti all'accesso e al calcolo della pensione secondo le regole del vecchio sistema retributivo. A loro spettano i trattamenti pensionistici di anzianità e di vecchiaia. Un anno di lavoro in piùLa pensione di vecchiaia è una prestazione vitalizia di natura economica e previdenziale erogata all'iscritto che raggiunga il limite massimo d'età insieme a una determinata anzianità contributiva. Spetta ai dipendenti iscritti all'Inpdap che hanno raggiunto i limiti di età previsti dall'ordinamento e che sono cessati dal servizio. I requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia variano a seconda del sistema di calcolo con cui il trattamento verrà liquidato: da una parte le pensioni liquidate secondo il sistema retributivo e il sistema misto; d'altra parte quelle liquidate secondo il sistema contributivo (si vedano in tabella i requisiti in funzione degli anni di accesso alla pensione).La riforma eleva gradualmente l'età di pensionamento di vecchiaia delle donne (entrambe i sistemi), con un anno in più ogni due anni a partire da quest'anno (il 2010), per raggiungere la meta dei 65 anni dal 1° gennaio 2018. Resteranno esentate dalle novità tutte le lavoratrici che entro la fine del 2009 hanno maturato i vecchi requisiti di pensionamento (cioè 60 anni di età): per loro, infatti, è prevista la salvaguardia del diritto al pensionamento, anche dopo il 1° gennaio 2010, e a tal fine possono ottenere la certificazione del diritto alla pensione (anche se restano al lavoro cioè potranno in qualunque momento avvalersi della possibilità di andare in pensione). Restano inoltre fuori dalla manovra le eventuali discipline che prevedono requisiti anagrafici più elevati, nonché il personale delle forze armate, del corpo della guardia di finanza, delle forze di polizia e del corpo nazionale dei vigili del fuoco (dlgs n. 165/1997). Sei mesi di lavoro in piùLa pensione (di vecchiaia o di anzianità; retributiva o contributiva), sia nel settore pubblico che in quello privato, si ottiene a domanda, cioè dietro presentazione all'istituto di previdenza presso cui si è iscritti (Inpdap o Inps) di un'apposita istanza. La domanda di pensione oggi non è più sufficiente a ottenere la liquidazione della pensione, come accadeva fino al 31 dicembre 2007 (con un ritardo di un mese massimo rispetto all'epoca di maturazione dei requisiti). La legge n. 247/2007 (attuazione del protocollo Welfare), infatti, ha introdotto il sistema cosiddetto delle «finestre di uscita» anche per la pensione di vecchiaia (ne restano esentati coloro che ne hanno maturato i requisiti di pensione entro il 31 dicembre 2007).

Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2008 si può accedere alla pensione di vecchiaia in base al seguente calendario:

1.   requisiti maturati entro il 31 marzo, decorrenza della pensione dal 1° luglio dello stesso anno;

2.   requisiti maturati entro il 30 giugno, decorrenza della pensione dal 1° ottobre dello stesso anno;

3.   requisiti maturati entro il 30 settembre, decorrenza della pensione dal 1° gennaio dell'anno successivo;

4.   requisiti maturati entro il 31 dicembre, decorrenza della pensione dal 1° aprile dell'anno successivo.

Autore: Di Carla De Lellis