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Infortunio. Responsabilità - Appaltante e Appaltatore

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Cassazione penale, Sez.IV, Sentenza 2 aprile 2009, n.14440

Infortunio sul lavoro, obbligo di cooperazione tra appaltante e appaltatore, concorso di colpa della vittima

Infortunio sul lavoro, obbligo di cooperazione tra appaltante e appaltatore, concorso di colpa della vittima. Avv. Valter Marchetti

Fatto.

Un dipendente perde la vita durante un infortunio sul lavoro mentre trasportava al secondo piano di un edificio, all’interno del quale veniva esercitata l’attività commerciale della ditta, un carrello con capi di abbigliamento per mezzo di un montacarichi installato nell’edificio. In particolare i giudici di merito hanno riscontrato in punto di fatto che, mentre il montacarichi si trovava fermo ed aperto al secondo piano, un altro dipendente, che si trovava al piano rialzato, aveva chiamato il montacarichi che aveva iniziato la discesa. Il primo dipendente rimaneva incastrato con la testa e parte del petto tra la parete della tromba di discesa del montacarichi e la cabina che stava scendendo subendo gravissime lesioni che ne cagionavano subito la morte.

Violazione dell’obbligo di cooperazione tra appaltante e appaltatore.

I giudici della Suprema Corte osservano come tutte le attività economico produttive sono caratterizzate nel loro svolgimento da rischi anche minimi e lo stesso art.7, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994 n.626 conferma ciò. Nel caso in esame l’utilizzazione di uno strumento meccanico con componenti elettriche, di per sé costituisce esercizio di attività pericolosa

che rende necessaria proprio quella attività di coordinamento che nella fattispecie de qua è mancata. I giudici di legittimità ritengono che questa omissione abbia causalmente contribuito al verificarsi dell’evento in quanto i giudici di merito hanno accertato che l’infortunio si è verificato proprio per

il mancato coordinamento tra l’appaltante, il quale ha continuato ad utilizzare l’ascensore durante i lavori di manutenzione, e l’appaltatore, che ha disattivato i sistemi di protezione senza considerare la circostanza che il montacarichi continuava ad essere utilizzata per le normali attività d’impresa.

Obbligo del committente.

Il committente non è tenuto a valutare l’idoneità dei sistemi di manutenzione utilizzati dall’appaltatore e nemmeno è tenuto a sindacare la correttezza delle misure specialistiche di prevenzione eventualmente utilizzate ma, considerando la contemporaneità dello svolgimento delle attività di impresa e di manutenzione, il committente ha l’obbligo di verificare insieme all’appaltatore le modalità di utilizzo le misure di prevenzione da adottare da entrambi nel caso di svolgimento contemporaneo di dette attività. Se tale attività di cooperazione fosse stata svolta correttamente, avrebbe consentito di predeterminare quelle condizioni di utilizzo dell’impianto ettromeccanico de quo, evitando l’esclusione dei sistemi di protezione quando il medesimo veniva utilizzato per l’attività di impresa e quindi consentendo di evitare in termini di certezza un incidente come quello che invece si è verificato.

Cause sopravvenute e rapporto di causalità nel caso de quo.

In base all’art.41, comma 2, codice penale, “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”. In particolare, osserva la Suprema Corte, può parlarsi di causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità o la sua interruzione, si deve trattare di un percorso causale ricollegato all’azione od omissione dell’agente ma completamente atipico cioè di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. Venendo al campo della sicurezza qui in questione, i principi sopra richiamati consentono di escludere l’esistenza del rapporto di causalità nei casi in cui venga provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio tale abnormità abbia causato l’evento. Questa caratteristica della condotta del lavoratore infortunato è idonea ad interrompere il nesso di condizionamento tra la condotta e le’evento quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a

determinare l’evento ex art.41, comma 2 del codice penale. I giudici di legittimità ricordano come nel settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro deve ritenersi abnorme il comportamento che “ per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte

delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro” ed è stato più volte affermato dalla stessa Cassazione che “ l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica “ ( tra le altre vedi Cass. Pen. N.3580 del 1999).

Il concorso di colpa del lavoratore vittima dell’infortunio.

Considerato che in base all’art.6 d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 gli obblighi di prevenzione gravano anche sui lavoratori, deve evidenziarsi come solo nel caso in cui l’infortunato abbia volontariamente trasgredito alle disposizioni del datore di lavoro o abbia adottato di sua iniziativa modalità pericolose di esecuzione del lavoro potrà affermarsi l’eventuale concorso di colpa. Nel caso in questione non era ipotizzabile una colpa del lavoratore che non aveva l’obbligo di osservare una specifica disposizione impartitagli dal datore di lavoro e nemmeno di predisporre le misure di prevenzione ma semmai quello di osservare le cautele predisposte dal datore di lavoro e dall’appaltatore i quali, invece, non avevano adempiuto in tal senso. Il lavoratore vittima dell’infortunio de quo si è limitato ad eseguire i compiti assegnatigli con le modalità prescritte. I giudici della Suprema Corte osservano infine come la fattispecie in esame sia connotata da un altro elemento non trascurabile ai fini della valutazione di un concorso di colpa della vittima; infatti, nel caso de quo il lavoratore si è trovato in una situazione di emergenza in cui si sono prospettate più condotte astrattamente idonee a sottrarsi ad un pericolo imminente e per tali motivi “ non può considerarsi esigibile la sola condotta che, con valutazione a posteriori, sia considerata la meno idonea a salvaguardare dal pericolo”. Infatti, anche se fosse provato che la condotta più idonea del lavoratore era quella di attendere lo sviluppo della situazione e non farsi prendere dal panico per il rischio di rimanere intrappolato, è davvero possibile considerare colposa la scelta della vittima di sottrarsi da questa situazione di emergenza cercando di uscire al più presto dal montacarichi?

Tenendo inoltre presente che l’accertamento di tale eventuale colposa condotta richiede una valutazione ex ante.

Avv. Valter Marchetti

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