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Straniero non abbiente. Diritto ad interprete pagato dallo Stato

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IL CITTADINO STRANIERO NON ABBIENTE SOTTOPOSTO A PROCESSO PENALE HA
DIRITTO AD UN INTERPRETE PAGATO DALLO STATO – In base all’art. 24 Cost.
Rep. (Corte Costituzionale  n. 254 del 6 luglio 2007, Pres. Bile, Red. Saulle).

A. Y., cittadina straniera sottoposta a processo per omicidio davanti al Tribunale di Venezia, non conoscendo la lingua italiana ha incaricato B.L. di farle da interprete nei rapporti con il suo avvocato.
Ella è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato in base al D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia). B.L. ha chiesto al Gip del Tribunale di Venezia la liquidazione del compenso dovutole per la sua attività di interprete. Il giudice ha rigettato la domanda, osservando che il D.P.R. n. 115/02 non contempla la nomina di un interprete da parte dell’imputato o comunque un intervento privato di tale ausiliario, né tanto meno il pagamento da parte dello Stato del compenso dovuto all’interprete. Poiché B.L. ha impugnato questa decisione, il Gip ha sollevato, con riferimento all’art. 24 della Costituzione (diritto di difesa) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 102 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 nella parte in cui non prevede la possibilità per lo straniero ammesso al patrocinio dello Stato, di nominare un proprio interprete.
La Corte Costituzionale (sentenza n. 254 del 6 luglio 2007, Pres. Bile, Red. Saulle) ha ritenuto fondata la questione. La partecipazione personale e consapevole dell’imputato al procedimento, mediante il riconoscimento del diritto in capo all’accusato straniero, che non conosce la lingua italiana, di nominare un proprio interprete, – ha affermato la Corte – rientra nella garanzia costituzionale del diritto di difesa nonché nel diritto al giusto processo, in quanto l’imputato deve poter comprendere, nella lingua da lui conosciuta, il significato degli atti e delle attività processuali, ai fini di un concreto ed effettivo esercizio del proprio diritto alla difesa (art. 24, comma secondo, della Costituzione). Inoltre, l’art. 111 della Costituzione stabilisce che la legge assicura che «la persona accusata di un reato sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo».
I principi costituzionali sopra riportati – ha osservato la Corte – trovano riconoscimento in alcune norme internazionali che prevedono fra i diritti dell’accusato quello di «farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza» (art. 6, n. 3, lettera e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; disposizione riproposta in modo analogo nell’art. 14, comma 3, lettera f, del Patto internazionale delle Nazioni Unite, sui diritti civili e politici del 19 dicembre 1966, adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881).

Il riconoscimento in capo all’imputato straniero che non conosce la lingua italiana del diritto di nomina di un proprio interprete

– ha concluso la Corte – non può, in virtù dei principi sopra esposti, soffrire alcuna limitazione; invero, l’istituto del patrocinio a spese dello Stato, essendo diretto a garantire anche ai non abbienti l’attuazione del precetto costituzionale di cui al terzo comma dell’art. 24 della Costituzione, prescrive che a questi siano assicurati i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione e ciò in esecuzione del principio posto dal primo comma della stessa disposizione, secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Pertanto la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 102 del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede, per lo straniero ammesso al patrocinio a spese dello Stato che non conosce la lingua italiana, la possibilità di nominare un proprio interprete.