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CIGS Accordi Sindacale. Non rispettati criteri.

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IL DECRETO CHE AUTORIZZA LA CIGS IN BASE AD UN ACCORDO SINDACALE, VA DISAPPLICATO SE L'AZIENDA NON HA COMUNICATO LE RAGIONI DELLA MANCATA PREVISIONE DELLA ROTAZIONE - In base all'art. 1 della legge n. 233/91 (Cassazione Sezione Lavoro n. 11254 del 10 maggio 2010 Pres. Roselli, Rel. Nobile).

Nel luglio del 2001 la S.p.A. Siemens ha concluso con le organizzazioni sindacali un accordo per il collocamento in Cigs di vari dipendenti. Nel documento si dichiarava che "valutate le motivazioni addotte dall'azienda in merito non si procederà ad effettuare a rotazione".

Il Ministero del Lavoro ha autorizzato con decreto l'intervento della Cigs per crisi aziendale, approvando il progetto e consentendo la non adozione della rotazione. Uno dei lavoratori collocati in Cigs, Raffaele B. ha chiesto al Tribunale di Napoli di dichiarare l'illegittimità delle sua sospensione dal lavoro, rilevando tra l'altro che non era stata giustificata la mancata applicazione della rotazione, in violazione dell'art. 1, 7° comma, della legge n. 223/91 e comunque non erano stati sottoposti alla valutazione sindacale i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere. L'azienda si è difesa facendo valere l'accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali e l'approvazione ministeriale. Il Tribunale ha rigettato la domanda.

Questa decisione è stata riformata, in grado d'appello, dalla Corte di Napoli che, previa disapplicazione del decreto ministeriale, ha condannato la società al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni non corrisposte, detratto quanto percepito dal lavoratore per trattamento in Cigs.

La Corte premessa la necessità della preventiva comunicazione alle oo.ss. in vista dell'esame congiunto anche dei motivi ostativi al meccanismo della rotazione, ha rilevato che dalla lettura degli atti si evinceva che la decisione di non adottare il criterio della rotazione non era stata in alcun modo giustificata dalla società (e ciò era confermato in sede di verbale di accordo). La Corte ha aggiunto, che sotto altro profilo, stante tale decisione, illegittimamente era mancata la preventiva, tempestiva e specifica comunicazione dei criteri di scelta ed era venuto meno anche l'esame congiunto su tali criteri, come risultava dalla documentazione agli atti.

L'azienda ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte di Napoli per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 11254 del 10 maggio 2010 Pres. Roselli, Rel. Nobile) ha rigettato il ricorso richiamando la sua giurisprudenza secondo cui: "in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi, tale illegittimità potendo essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata".

Ai fini, quindi, della legittimità della sospensione della retribuzione per i lavoratori collocati in Cigs - ha affermato la Corte - l'azienda è tenuta a comunicare i motivi per i quali non vengano adottati i meccanismi di rotazione ed i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere; la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all'individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 1, comma 7, della legge n. 223/1991, e tale violazione non può ritenersi sanata dall'effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare.

La verifica, infine, della adeguatezza della comunicazione - ha concluso la Corte - costituisce, comunque, valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, ove sia assistita da motivazione sufficiente e priva di vizi logici.