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Sentenza Pasquale-IVRI. No a decurtazione

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TRIBUNALE DI MILANO

- SEZIONE LAVORO -REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il TRIBUNALE in funzione di Giudice del Lavoro

all'udienza del giorno 05/11/2014 nella causa n. 7331 /2014 RG

promossa da

O............... PASQUALE con il patrocinio dell'avv. CATAPANO GIUSEPPE

contro

IVRI SERVIZI INTEGRATI S.P.A. con il patrocinio dell'avv. .................................................................

visto l'art. 429 c.p.c., ha pronunziato sentenza con il seguente

DISPOSITIVO

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede: Dichiara il diritto del ricorrente all'applicazione del trattamento economico e normativo di cui al CCNL Multiservizi e, per gli effetti, condanna IVRI Servizi Integrati Spa a corrispondere a O................... Pasquale l'importo lordo di euro 3.656,00 a titolo di differenze retributive per il periodo da aprile 2013 a maggio 2014 e di euro 1.480,00 a titolo di ratei di 14.ma mensilità non erogati in riferimento allo stesso periodo, oltre rivalutazione e interessi dalle singole scadenze al saldo;

condanna la società resistente a rifondere a controparte le spese processuali, che liquidate in complessivi euro 1.000,00 oltre accessori di legge, da distrarre a favore del procuratore anticipatario.

CONTESTUALE MOTIVAZIONE

Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni già ampiamente illustrate dall'intestato Tribunale nelle sentenze n. 162/14 (dott. Di Leo) nonché nelle sentenze pronunciate nelle cause n. 14951/13, 15410/13 (dott. Mariani) e n. 11813/2013 (dott. Casella), le cui motivazioni sono in questa sede integralmente richiamate e condivise.

In primo luogo, occorre osservare che è pacifico come, con l'Accordo Sindacale del 28/3/13, la IVRI SERVIZI INTEGRATI SPA, nell'ambito di una procedura di recesso collettivo ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/91, avviata il 6.6.12, abbia convenuto - quale soluzione alternativa ai licenziamenti in grado di salvaguardare i livelli occupazionali dell'azienda, anche in applicazione dell'articolo 4, co. 11, della legge n. 223/91 e dell'articolo 8 della legge n. 148/11 - che a far data dal 1/3/13, sarebbe stato applicato il diverso C.C.N.L. Vigilanza Privata, in luogo dei CCNL Multiservizi, Commercio e Proprietari di fabbricati.

In esecuzione di tale accordo, la convenuta avrebbe poi provveduto ad armonizzare il trattamento retributivo riconosciuto ai dipendenti in forza del contratto collettivo di nuova applicazione, con le previsioni menzionate nel medesimo, con la voce "salario unico" in luogo delle componenti retributive denominate paga base, contingenza e terzo elemento, con l'inquadramento nel quarto livello dei lavoratori, con il "congelamento" di parte della retribuzione per un periodo sperimentale di un anno, prorogabile al massimo di ulteriori anni due previa verifica con le organizzazioni sindacali, con non più maturazione dei ratei di 14a mensilità e con un corrispettivo annuo, a tal fine, suddiviso in 13 mensilità, inserito come assegno ad personam non assorbibile, con differenze che emergessero dall'applicazione di quanto precede inserite in un superminimo non assorbibile (cfr. doc. 5 res., punti 3 e 4).

Prosegue, poi, il medesimo accordo collettivo, al punto 6, prevedendo "accordi individuali', per accettare tali condizioni, da stipulare in una delle sedi privilegiate di  cui agli articoli 410 e 411 c.p.c., nei quali, tra l'altro, il lavoratore avrebbe acconsentito, espressamente, in applicazione di quanto concordato nel verbale del 28.3.13, a far sì che il proprio rapporto di lavoro fosse regolamentato, con decorrenza dal 1/3/13, dal C.C.N.L. Vigilanza Privata, accogliendo in particolare, le misure di cui ai punti 3 e 4 del medesimo accordo sindacale (cfr. doc. 5 res.). Ciò posto, occorre osservare come sia pacifico, in quanto non contestato, come l'applicazione di tali nuove misure economiche e normative, frutto dell'attuazione del C.C.N.L. Vigilanza Privata, non sia stata accettata individualmente dal ricorrente (a differenza di altri colleghi) e come, parimenti, tuttavia, gli abbia determinato un decremento di retribuzione di euro 228,50 mensili.

Sicché, per la sola lettura dell'accordo sindacale del 28/3/13 e per le sue previsioni, appare evidente come nemmeno i sindacati abbiano ritenuto di modificare, senza il consenso del singolo lavoratore, il trattamento economico e normativo in godimento per ciascuno, essendo tutte le previsioni di cui ai capi 3 e 4 di tale verbale "condizionate" alla adesione del singolo dipendente, da formalizzarsi, tramite verbale di transazione "individuale", in una delle sedi protette ex articoli 410 e 411 c.p.c.. Da ciò solo deriva che,  non avendo il ricorrente sottoscritto alcuna pattuizione  individuale, non resta assoggettato alle statuizioni dell'accordo sindacale del 28/3/13, w non potendosi, pertanto, applicargli un diverso contratto collettivo da quello in essere tra le parti, ossia il CCNL Multiservizi.

Infatti, risulta, per il comportamento concludente di entrambe le parti, come dopo la previsione, nella lettera di assunzione, dell'applicazione alla relazione di impiego del CCNL Terziario, le stesse, dal dicembre 2009, abbiano accettato consensualmente l'attuazione tra le stesse del C.C.N.L. Multiservizi (cfr. pag. 1 del ricorso e la non contestazione sul punto della convenuta).

Dopo tale modifica, invece, non vi sono elementi per ritenere accettata dal lavoratore la applicazione nei propri confronti del differente C.C.N.L. Vigilanza Privata (che, come anticipato, doveva essere, tra l'altro, acconsentita addirittura con adesione in sede protetta ex articoli 410 e 411 c.p.c.).

Risulta, così, come il nuovo trattamento economico e normativo applicato dalla convenuta alla parte attorea dal 1/4/13 derivi da una modifica unilateralmente imposta al dipendente e che, avendogli determinato un trattamento peggiorativo dal lato retributivo, appare lesiva del principio di irriducibilità della retribuzione ex articolo 2103 c.c.

Ha, infatti, chiarito, in materia, la Suprema Corte che

"il principio dell'irriducibilità della retribuzione, dettato dall'art. 2103 cod. civ., implica che la retribuzione concordata al momento dell'assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro e che ogni patto contrario è nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto, salvo che, in caso di legittimo esercizio, da parte del datore di lavoro, dello "ius variandf (cfr., ad es., Cass. Sentenza n. 20310 del 23/07/2008; Sentenza n. 4055 del 19/02/2008; Sentenza n. 1421 del 23/01/2007).

Per di più, come osservato, nel caso, non vi è stato alcun accordo tra il datore di lavoro e il prestatore.

Né, si potrebbe richiamare per giustificare l'operato aziendale il disposto dell'articolo 4, co. 11, della legge n. 223/91 o quello dell'articolo 8 della legge n. 148/11. La prima statuizione prevede, infatti, solo che

"gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell'articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte'.

Dunque, l'articolo 4, co. 11, della legge n. 223/91 non prevede la facoltà di ridurre il trattamento retributivo, nemmeno tramite la mediazione dei sindacati, ma solo l'assegnazione a mansioni diverse (tra l'altro subordinata, secondo la Suprema Corte, pur sempre, alla accettazione da parte della prestatore: cfr. Cass. Sentenza n. 11806 del 07/09/2000; Sentenza n. 9734 del 29/09/1998), mantenendosi, evidentemente, in tal caso, però, inalterato il rapporto proporzionale ex art. 36 Cost. tra incombenze svolte e retribuzione percepita.

Viceversa, la sola riduzione degli emolumenti (percepiti sulle basi minime di cui alla contrattazione collettiva), a mansioni invariate, come nel caso in parola, verrebbe a ledere il principio di cui l'articolo 36 della Costituzione della necessaria proporzione £ tra mansioni svolte e la retribuzione percepita, non potendosi, perciò, ammettere una simile interpretazione dell'articolo 4, co. 11, cit.. Nemmeno, poi, può legittimare la condotta della IVRI SERVIZI INTEGRATI SPA il contenuto dell'articolo 8 della legge n. 148/11 che, come noto, stabilisce che

"1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività. 2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:

a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;

b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;

c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;

d) alla disciplina dell'orario di lavoro;

e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.

2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. 3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori".

È, infatti, noto che su tale norma si è pronunciata la Corte costituzionale che, con la sentenza 19 settembre 2012 - 04 ottobre 2012, n. 221, ha chiarito che

"va premesso che, come emerge dal dettato della norma de qua, le «specifiche intese» previste dal comma 1, (...) non hanno un ambito illimitato, ma possono riguardare soltanto «la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione», con riferimento: a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell'orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per i casi di licenziamento discriminatorio menzionati in modo espresso dalla norma stessa (comma 2). Contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, il suddetto elenco ha carattere tassativo, come si desume sia dall'espressione utilizzata dal legislatore («con riferimento» alle specifiche materie indicate), sia - ed ancor più chiaramente - dal dettato dell'art. 8, comma 2-bis, alla stregua del quale «le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro».

Ciò significa che l'effetto derogatorio previsto dal citato comma 2-bis opera in relazione alle materie richiamate dal comma 2 e non ad altre".

Dunque, l'effetto derogatorio previsto dall'art. 8 cit. opera "in relazione alle materie richiamate dal comma 2 e non ad altre', trattandosi di un elenco tassativo, potendosi, a sostegno, richiamare le chiare parole della Corte sopra riportate. Non essendo così contemplata, nel comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 148/11, una facoltà di riduzione della retribuzione tramite accordo sindacale, pur ai fini di una ° maggiore occupazione, non risulta applicabile alla fattispecie tale ultima norma per | giustificare la condotta datoriale. m Da tutto questo deriva l' illegittimità dell'applicazione unilaterale da parte della IVRI SERVIZI INTEGRATI SPA alla dipendente del CCNL Vigilanza Privata e, conseguentemente, il diritto del ricorrente al trattamento economico e normativo di cui al C.C.N.L. Multiservizi (in essere tra le parti), con condanna della convenuta al versamento della somma lorda di euro 3.656,00 a titolo di differenze retributive per il periodo da aprile 2013 a maggio 2014 e di euro 1.480,00 a titolo di ratei di 14.ma mensilità non erogati in riferimento allo stesso periodo, oltre rivalutazione e interessi dalle singole scadenze al saldo.

Quanto al riparto degli oneri del giudizio, in ragione della soccombenza della convenuta, del valore e della durata del processo, pare corretto liquidare la somma di cui al dispositivo.

Così deciso e letto nell'udienza del 5 novembre 2014

Il Giudice del Lavoro

Dott. Giovanni Casella