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Cividale - Udine. 25 Aprile

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25 Aprile 2012

Siamo alcuni tra i manifestanti che hanno contestato il sindaco di Cividale alla cerimonia del 25 aprile. Abbiamo voluto così manifestare il nostro dissenso nei confronti di un uomo politico che non rappresenta i fondamenti della Resistenza e della Costituzione (il percorso politico del Sig. Balloch è noto...) ma anche nei confronti di un atteggiamento sin troppo tollerante verso i tentativi di revisionismo storico e ottundimento morale perseguiti dai tanti "Balloch" d'Italia. Vale la pena di ricordare una banalità, ossia il

25 aprile non è la festa di tutti: è una festa antifascista e, come tale, non è la festa di chi antifascista non è. Non è la festa di chi equipara partigiani e collaborazionisti della RSI; di coloro che hanno prodotto leggi razziste come la "Bossi-Fini" coi suoi CIE - degnamente preceduti dai CPT della Turco-Napolitano -; dei politici legati alla P2 o che fino a ieri salutavano a braccio teso (alcuni casi clinici continuano tutt'ora...); di coloro che dirottano soldi pubblici da istruzione e sanità per produrre armamenti o grandi opere grandemente inquinanti; di coloro che hanno duramente colpito i lavoratori con leggi e riforme che hanno causato precarietà, ricattabilità, disoccupazione. Non è quindi la festa di coloro che a diverso titolo e con diverse sigle politiche hanno tradito la memoria di chi lottò non solo per una Italia libera dal fascismo ma soprattutto per un paese più giusto e solidale.

 

Sicuramente i diritti democratici ottenuti dalla Resistenza sono a disposizione di tutti, anche dei neofascisti ma costoro non dovrebbero dimenticare chi e come gli ha donato, col sacrificio della vita, questi diritti. Non tutte le resistenze hanno per noi lo stesso valore: se è vero che la Resistenza ha visto la lotta e il sacrificio di molti che volevano un paese libero dalla dittatura è anche vero che alcuni opportunisti approfittarono della Resistenza per salvare gli industriali e i latifondisti dal crollo di un regime che avevano sostenuto e finanziato, e grazie al quale, per mezzo del corporativismo e delle guerre (Libia, Etiopia, Spagna, 2°guerra mondiale), avevano accumulato profitti sulla pelle dei lavoratori. Ci riferiamo, è ovvio, a quei finti partigiani che militarono poi nell'organizzazione Gladio, che avrebbero tanto da raccontare sulla strategia della tensione e sulle pagine nere d'Italia.

Cambiare tutto affinché nulla cambi è un vizietto tipicamente italico... Comprendiamo il dovere istituzionale dell'ANPI di "bacchettarci" ma, col rispetto dovuto a generosi combattenti, ci permettiamo di invitare ad una maggior attenzione: in questi anni il fascismo sconfitto e scacciato dalla porta principale della Storia si sta nuovamente intrufolando, sotto mentite spoglie, attraverso la finestra sul retro. Siamo quindi certi che l'ANPI ci perdonerà la rumorosa vigilanza presso le troppe finestre socchiuse da un clima di unità nazionale che nasconde profonde ingiustizie e diseguaglianze.

Concludiamo questa nostra con alcune precisazioni: a) notiamo che il giornalista R. Schinko non ha riportato una sola parola di quanto da alcuni di noi dichiarato; la prossima volta ci limiteremo a non rispondere ad alcuna domanda, lasciandolo libero di usare la sua fantasia come ha già fatto nei suoi articoli del 26-04-2012.

Sottolineiamo, al contrario l’intelligenza dell’intervento di Gianpaolo Carbonetto sul Messaggero Veneto on-line “il senso di quei fischi”; b) l'unanimità dello sdegno di PD-UDC-PdL non ci stupisce e si commenta da se, lasciamo a coloro che votano la libertà di farne ciò che preferiscono; c) ad eccezione di un sessantenne in fazzoletto verde che ha tentato di aggredirci fisicamente - con scarso successo... - non è mancata, da parte di molti presenti, la solidarietà ad una contestazione che è troppo comodo liquidare come di "anarchici e no-tav": c'erano alcuni no-tav, alcuni militanti del PRC, sindacalisti e delegati della Unione Sindacale Italiana e della Unione Sindacale di Base, alcuni anarchici, lavoratori e antifascisti senza etichette.

C'era, insomma, un bel campionario di quell'Italia cui viene fatta pagare la crisi (altro che inviti all'"unità"!) e che non si accontenta di ricordare il 25 aprile del '45 ma che resiste ogni giorno, facendo rivivere con passione la memoria di coloro che lottarono e morirono per la Libertà, la Giustizia e l'Uguaglianza.

I 50 firmatari:

Omissis