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Battaglia in Val di Susa.

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La cronaca minuto per minuto, 27 Giugno 2011. Battaglia in Val di Susa.

Infame assalto poliziesco al movimento no TAV - Massima solidarietà e massima mobilitazione nazionale.
Polizia al presidio, no Tav in fuga Blitz delle forze dell'ordine, schierati oltre 2000 uomini. Le ruspe
sfondano i presìdi e aprono varchi scortate dalla polizia. Fitto lancio di lacrimogeni.

Chiusa l'autostrada, bloccato il transito verso la Francia.

Il ministro Maroni aveva avvertito: "Non riusciranno a fermare l'apertura del cantiere"

10:18 Grillo: "Polizia Maroni attacca i cittadini".

Questa notte alle ore 4.30. I blindati della polizia sono entrati in val di Susa. Le forze dell'ordine contro la popolazione inerme di una valle. I blindati li ha mandati Maroni, quello di “padroni a casa nostra”, quello che fu condannato a 4 mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale.

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Romano Mancino. Per lui soltanto la gente del Friuli.

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Romano Mancino.

Nato a San Giorgio di Nogaro (Udine) il 7 ottobre 1913, deceduto a Pisino (Croazia) il 7 aprile 1976, contadino.

Era nato a Zellina, frazione di San Giorgio, in una famiglia di contadini. Sesto di nove fratelli, Gelindo aveva perduto l’uso del braccio sinistro, ma ciò non gli impedì dopo l’8 settembre 1943, di entrare a far parte della Resistenza. Prima viene impiegato come trasportatore, poi, su sua richiesta, nell’estate del 1944, Gelindo entra nei reparti combattenti e in breve diventa il capo del leggendario gruppo dei “Diavoli Rossi”.

Così venivano chiamati una ventina di gappisti che operavano nella Bassa Friulana sotto la guida, appunto, di Citossi, che aveva assunto il nome di battaglia di “Romano il Mancino”.

I “Diavoli Rossi” erano quasi tutti giovanissimi e, del resto, “Romano il Mancino” che li guidava – in imboscate, sabotaggi, eliminazione di spie e di finti partigiani, in requisizioni e trasporto di armi e viveri in montagna – aveva appena superato i trent’anni.

L’azione più clamorosa (tanto che ne parlarono Radio Londra e Radio Mosca e tanto da indurre il maggiore Nicholson, della Missione Alleata, a procurare almeno un “lancio” di armi, munizioni e vestiario agli ardimentosi che avevano la loro base a Spessa di Cividale), fu quella dell’assalto al carcere di Udine. È la sera del 7 febbraio 1945.

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UDINE "Romano il mancino". Il 27 maggio 2011.

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A cura dell’Unione Sindacale Italiana - AIT e del Progetto Biblioteca Popolare "Romano il mancino".

Il 27 maggio 2011 si terrà in Sala Ajace a Udine (Piazza Libertà) una conferenza dal Titolo "Gens Italica: l'inesorabile rappresaglia dei Palicuc'a" nella quale verranno presentati documenti inediti, italiani e jugoslavi, in merito ai crimini di guerra perpetrati dagli italiani nella ex Jugoslavia nel periodo tra il 1941 ed il 1945.

La ricerca evidenzierà inoltre alcune "verità nascoste" come l'uso di gas vescicante "iprite" da parte del Regio Esercito contro le formazioni partigiane jugoslave, fatto sino ad ora sempre negato.
Inoltre, dalla documentazione che sarà presentata, non potranno che essere evidenti le grandi responsabilità di personaggi che, mescolandosi tra le "vittime delle foibe", sono entrati nella contemporanea agiografia revisionista, permettendo ai carnefici e ai loro sostenitori di recitare il ruolo delle vittime, operando una vera e propria falsificazione storica.

Interverranno come relatori Alessandra Kersevan, coordinatrice di Resistenza storica, già nota per i suoi studi sulle vicende del confine orientale e Milovan Pisarri, storico italiano residente a Belgrado.

La conferenza avrà luogo alle ore 17.30 e la popolazione tutta è invitata a partecipare.

La Federazione Intercategoriale FVG USI-AIT ed il Progetto Biblioteca Popolare

"Romano il Mancino"


per contatti
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377-4210408
www.usiait.it

   

L'Informazione che non c'è!

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Da: Giovanna Marini

L'Informazione che non c'è!

Oggetto: sta succedendo un altro odioso scandalo che se non parliamo tutti non lo saprà nessuno.

Hanno pregato una mia amica Maria Grazia Polidore giornalista di non andare in Rai a fare una trasmissione che doveva fare, se prima non firmava un foglio impegnandosi a non dire una parola sui referendum che si terranno per l'acqua, il nucleare, il legittimo impedimento.

Lei non firma e le hanno ritirato la richiesta di andare in Rai quindi non ci va, ma certo questo non basta, ora bisogna dirlo.

So che anche allo spettacolone del primo maggio è stato fatto firmare un foglio a tutti i partecipanti che, se volevano cantare e parlare si impegnavano a non dire una parola sui referendum...
spicciamoci a dirla noi finché non ci tolgono internet e face book

Questa mi pare una cosa su cui finalmente possiamo agire, ho già scritto su Face book non so con che successo, ma potete farlo anche voi?

Non possiamo sempre rassegnarci a tutto !

Giovanna.

 

Ancora dall’USI di Rimini.

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Ancora dall’USI di Rimini.

Con problemi di tossicodipendenza Andrea Franchini da alcuni giorni si trova alla Comunità di Vallecchio, quando in crisi di astinenza  spacca un quadro e il psichiatra responsabile che non è presente, ordina telefonicamente il Trattamento sanitario obbligatorio. La comunità non riesce a gestire in altro modo un ragazzo di 24 anni che pesa 55 kg. Arriva all'ospedale di Pesaro dove rimarrà legato diversi giorni, la sorella riuscirà a vederlo solo entrando con un avvocato e i carabinieri. Inizia il suo calvario della doppia diagnosi, dopo due anni pesa 110 kg. Un giorno si sente male, il medico di base arrivato gli diagnostica una bronchite e gli prescrive punture di antibiotici. La sera fa la puntura, non si sente bene  va a letto, la mattina non si sveglierà, il corpo è ancora caldo, viene tentata la rianimazione ma senza esito. I carabinieri faranno i rilievi del caso.   Un mese dopo la autopsia  (non comunicata e quindi senza perito di parte) il responso certificherà la morte per overdose da alcol e sarà esclusa la possibilità della  reazione letale tra antibiotici e psicofarmaci. In allegato alla perizia  anche le percentuali di alcol che avrebbe bevuto ovvero 1 litro di superalcolici o 3 litri di vino. Questo non corrispondente a verità essendoci due testimoni presenti.

L''unica possibilità e che ci sia stato un voluto o non voluto "errore" nella autopsia o nelle analisi. Ma il punto e l'interrogativo che ribadiamo da 15 anni senza avere risposta è: E' giusto che il sistema sanitario non impari dai propri errori e che si possano riproporre morti, sofferenze e ingiustizie simili?

Ecco forse di questo si dovrebbe parlare, noi lo faremo alla fine di Maggio come ogni anno  quando le istituzioni "spesso purtroppo  con troppe maschere basagliane" parlano di "Igiene e salute Mentale" senza parlare di elettroschock, morti infartati per psicofarmaci, Ritanil ai bambini iperattivi e univoco controllo sociale psichiatrico.

USI Rimini

   

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