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Comunicati Milano

REPORT COMUNE DI MILANO

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REPORT COMUNE DI MILANO

BOZZA ACCORDO REGOLAMENTAZIONE LAVORO AGILE:

NO TICKET, NO RIMBORSI WI-FI E STRUMENTI DI LAVORO. L'Amministrazione non cede sui rimborsi buoni pasto non fruiti da migliaia di comunali nel corso di 1 anno, né su quelli futuri.

Nella bozza di accordo (.pdf in allegato) mancano anche i rimborsi per spese di connessione wi-fi e usura pc dei lavoratori mentre è fermo a un misero 3-5 al mese il numero dei giorni di lavoro da casa fruibili da tutti i lavoratori non impiegati nei servizi essenziali da svolgere in presenza (6.000 circa).

Timide aperture, dalla delegazione trattante (Francesca-Iossa-Ristori) sui permessi, che potranno essere fruiti in lavoro agile, e su piattaforme per assemblee sindacali. "Le scuse sui rischi di interventi da parte della Corte dei Conti se ci pagassero i ticket', ha affermato Gianluca Cangini dei Cobas, "Non reggono.

Sia l'Istat che il Consiglio regionale della Lombardia hanno appena firmato accordi che prevedono il rimborso dei pasti".

Gli enormi risparmi che l'amministrazione ha accumulato in quest'ultimo anno, tra straordinari, indennità non pagate, buoni pasto non fruiti, dovrebbero essere dirottati, secondo quanto affermato dal direttore operativo Francesca, al welfare, posizioni organizzative, particolari responsabilità e pagelline da 100/100. Nulla per i lavoratori che hanno visto decurtato il proprio salario reale nei mesi di quarantene. Tra mancata erogazione dei buoni pasto (5×5=25 €/settimana), costi di connessione wi-fi, acquisto e usura pc portatili, la perdita secca di salario è superiore ai 120€/ netti al mese.

“Molti colleghi”, ha affermato il coordinatore dell'Unione Sindacale Italiana del Comune di Milano Stefano Mansi, “hanno dovuto acquistare PC per potere lavorare.

(continua sulla pagina FB di U.S.I. https://www.facebook.com/InComune-102131558261126 )

 

REPORT PLANIMETRIE SILE + DURANDO

Venerdì 26 febbraio 14 ci siamo recati al 3 piano di via Larga Atea Patrimonio Immobiliare per visionare le Planimetrie delle 2 nuove sedi comunali.

Le tavole non erano firmate.

Non appariva nessun timbro, tantomeno era indicato il progettista. La scala 1:200 era sbagliata, non rispecchiava le reali distanze. Su molte tavole mancava la differenziazione per Direzioni.

In Sile esistono stanze al 7mo piano (Urbanistica) da 10 postazioni. Nessuna finestra  risultava apribile tranne quelle di alcuni dirigenti con apertura su un terrazzino. Diverse scrivanie erano parallele ai finestroni, con problemi di riflessi di luce.

Al 6' piano (Urbanistica) diversi uffici hanno 5 postazioni.

Quasi tutti gli uffici hanno minimo 2 scrivanie.

Al 5' piano è dislocata Mobilità con diverse stanze da 5, ma molto più spazi liberi, così come al 4'.

Secondo e primo sono ad uso Politiche Sociali con meno scrivanie per stanza rispetto al piano 6'.

Moltissimi gli sportelli al piano terra, dove sembra sia possibile aprire porte/finestre.

Le politiche Sociali hanno una stanza con ben 8 postazioni di sportello delimitata da muri in muratura.

In Durando l'assembramento nella Direzione Tecnica è ancora maggiore.

Le scrivanie non hanno nemmeno 1 m di distanziamento, diverse stanze hanno fino a 9 postazioni, diverse da 6.

Il piano 4' è suddiviso tra Centrale Unica Appalti e Direzione tecnica mentre al secondo c'è la Direzione Educazione.

Qui diverse sono gli uffici da 4 postazioni dove non c'è un metro di distanza. In alcune stanze vi sono ben 6 postazioni. Esiste una stanza da 8. Al piano terra c'è la Direzione Municipi. Al piano 5' la Centrale Unica Appalti ha stanze da 6-7 scrivanie non distanziate.

 

CONTROQUESTIONARIO LAVORO AGILE

Lo chiamano lavoro agile, lo descrivono come il lavoro del futuro, lo portano ad esempio di miglioramento dovuto all'innovazione tecnologica. In quest'anno abbiamo imparato ad apprezzarne i pregi e disprezzarne i difetti ed a capire che, come tutti i dispositivi tecnologici, il lavoro agile non è neutro. Sin dalle prime settimane ne abbiamo criticato le negative ricadute salariali, oggi vogliamo approfondire il tema attraverso questo questionario utile per indagare i bisogni reali dei lavoratori ed un loro riscontro su quanto è avvenuto sino ad ora.

Vi invitiamo a compilarlo ed a proporlo ai vostri colleghi.

La partecipazione al sondaggio è anonima e proprio per questo vi invitiamo a rispondere una sola volta. (A cura di Cobas e Usi Comune di Milano)

TEMPI DETERMINATI? SANI E SEMPRE IN PRESENZA

Desta sconcerto tra i delegati sindacali eletti dai lavoratori il trattamento riservato da Risorse Umane ai neoassunti dell'ultimo mese. Contro ogni cautela in merito al virus, e ignorando gli accordi validi per tutti i lavoratori comunali, all'atto dell'assunzione è stato fatto firmare loro un atto in cui dichiarano di non avere fragilità (una condizione che può accertare solo il Medico Competente) e di lavorare sempre in presenza 5 gg su 5. La scusa della formazione, che può comunque essere svolta on line, non giustifica questo grave atto di discriminazione che i delegati stanno contestando nelle sedi opportune (lettera t.d. e autodichiarazione allegata).

 

ACCORDO GOVERNO CGIL CISL UIL - GOVERNO DRAGHI

Il documento sottoscritto nella giornata di ieri, 10 marzo da alcuni sindacati e il Governo Draghi prosegue nella direzione contestata da molti lavoratori. Digitalizzazione gestita da società esterne prive di effettivi controlli tramite dispendiosi appalti.

Premi che con la scusa delle pagelline vanno a dipendenti scelti dai dirigenti, in molti casi incarichi di fiducia che esulano da qualsiasi giudizio oggettivo/titolo di studio/esame così come invece prevede la Costituzione (art.97 Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso. Art. 98 I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione). I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Software gestionali sempre più scarsi e di difficile gestione (sicraweb/impresa in un giorno e auriga su tutti).

Premi, particolari responsabilità, retribuzione di posizione e risultato appannaggio di pochi coi soldi (salario accessorio) di tutti.

Un insieme di scelte che sviliscono sia l'azione dei pubblici dipendenti, che quella degli enti locali, così come la fallimentare gestione del virus sta drammaticamente rappresentando

 

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A cura della Segreteria Unione Sindacale Italiana sez. Comune di Milano

Coordinatore Stefano Mansi

 

INAIL. Tutela assicurativa. Vaccinazione.

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Tutela assicurativa Inail e rifiuto di sottoporsi a vaccino anti Covid-19 da parte del personale infermieristico.

Si riscontra la nota del 18.2.2021 (all.1-3), con cui è stato trasmesso il quesito formulato con PEC del 17.2.2021 dall'Ospedale Policlinico San Martino di Genova, per chiarire quanto segue.

Nel quesito si chiede all'Inail se e quali provvedimenti debbano essere adottati riguardo al personale infermieristico che non abbia aderito al piano vaccinale anti-Covid-19, considerato che, pur in assenza di una specifica norma di legge che stabilisca l'obbligatorietà della vaccinazione, la mancata adesione al piano vaccinale nazionale potrebbe comportare da un lato responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell'ambiente di lavoro (sia per quanto riguarda i lavoratori, che i pazienti) e dall'altro potrebbe esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento per danni civili, oltre che a responsabilità per violazione del codice deontologico.

Nel quesito si chiede in particolare se la malattia infortunio sia ammissibile o meno alla tutela Inail nel caso in cui il personale infermieristico (ma non solo), che non abbia aderito alla profilassi vaccinale, contragga il virus.

In merito a quanto richiesto relativamente alla tutela infortunistica si chiarisce che l'assicurazione (obbligatoria e pubblica) gestita dall'Istituto opera al ricorrere dei presupposti previsti direttamente dalla legge.

Si tratta di attività vincolata sottratta alla disponibilità delle parti, intendendosi con ciò non solo il lavoratore e il datore di lavoro, ovvero il soggetto assicurante su cui grava l'obbligo di versare i premi assicurativi, ma lo stesso Istituto assicuratore.

La tutela assicurativa è così intensa da operare anche indipendentemente dall'eventuale inadempimento dell'obbligo assicurativo da parte del soggetto assicurante. L'articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 stabilisce che Gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo (principio di automaticità delle prestazioni).

Ne deriva che la tutela assicurativa non può essere sottoposta a ulteriori condizioni oltre quelle previste dalla legge.

L'articolo 2 del suddetto decreto stabilisce, infatti, che L'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.

Come si evince dall'articolo 65 del suddetto decreto, secondo cui non è indennizzabile l'assicurato il quale abbia simulato un infortunio o abbia dolosamente (con coscienza e volontà) aggravato le conseguenze di esso, la tutela è esclusa soltanto per l'infortunio doloso.

In sintesi, l'assicurazione gestita dall'Inail ha la finalità di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa, e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno derivante dalle conseguenze che ne sono derivate[1].

Alla luce di quanto premesso vanno, pertanto, tenute anzitutto distinte le questioni sollevate dalla nota dell'Ospedale Policlinico San Martino di Genova attinenti al rapporto di lavoro del personale in questione, agli obblighi di prevenzione del datore di lavoro e di collaborazione del lavoratore (art. 2087 cod. civ. e artt. 266, 279 e 20 del decreto legislativo n. 81/2008), da quelli riguardanti la tutela del lavoratore che ha contratto il contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro.

In proposito il quesito concerne il ruolo da attribuire alla volontà del personale infermieristico di non sottoporsi alla profilassi vaccinale con riguardo all'operatività della tutela in caso di avvenuto contagio in occasione di lavoro.

Sotto il profilo assicurativo, per giurisprudenza consolidata il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell'obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé, l'esclusione dell'operatività della tutela prevista dall'assicurazione gestita dall'Inail.

Il comportamento colposo del lavoratore può invece ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro, facendo venir meno il diritto dell'infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell'Inail ad esercitare il regresso nei confronti sempre del datore di lavoro, ma non comporta l'esclusione della tutela assicurativa apprestata dall'Istituto in caso di infortunio.

In merito ai comportamenti colposi per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, secondo la giurisprudenza, sebbene ovviamente la violazione di norme antinfortunistiche da parte del lavoratore debba essere considerata un comportamento sicuramente illecito (tanto che la legislazione più recente, al fine di responsabilizzare il lavoratore, prevede sanzioni anche a carico di questi quando non osservi i precetti volti alla tutela della salute nei luoghi di lavoro), l'illiceità del comportamento non preclude comunque in alcun modo la configurabilità dell'infortunio come evento indennizzabile; in quanto la colpa dell'assicurato costituisce una delle possibili componenti causali del verificarsi dell'evento (insieme al caso fortuito, alla forza maggiore, al comportamento del datore di lavoro ed al comportamento del terzo)[2].

Non appare nemmeno ipotizzabile nel caso del rifiuto di vaccinarsi, l'applicazione del concetto di "rischio elettivo", elaborato dalla giurisprudenza per delimitare sul piano oggettivo l'occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato o di attività protetta.

Secondo la giurisprudenza consolidata, l'infortunio derivante da rischio elettivo è quello che è conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall'attività lavorativa, cioè di un rischio generato da un'attività che non abbia rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa[3].

Perché ricorra il rischio elettivo occorre, pertanto, il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti:

a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive;

b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ed anche contrarie alle direttive datoriali, ma motivate da finalità produttive);

c) che affronti un rischio diverso da quello lavorativo al quale l'atto stesso sarebbe assoggettato, per cui l'evento non ha alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa.

In sintesi il rischio elettivo ricorre quando per libera scelta il lavoratore si ponga in una situazione di fatto che l'ha indotto ad affrontare un rischio diverso da quello inerente l'attività lavorativa.

Per quanto sopra il rifiuto di vaccinarsi non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all'occasione di lavoro, nella cui nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all’ambiente, le macchine, le persone, compreso il comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione.

D'altra parte, non si rileva allo stato dell'attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore; infatti il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 all'articolo 279 riguardante Prevenzione e controllo, stabilisce che "il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari (...)" tra cui "a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente", ma non prevede l'obbligo del lavoratore di vaccinarsi.

In materia di trattamenti sanitari opera, tra l'altro, la riserva assoluta di legge di cui all'articolo 32 della Costituzione, secondo cui Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Per quanto sopra, il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, benché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell'infortunato.

Resta inteso, infine, che quanto chiarito non comporta l'automatica ammissione a tutela del lavoratore che abbia contratto il contagio e non si sia sottoposto alla profilassi vaccinale in quanto, come precisato nella circolare n. 13/2020, occorre comunque accertare concretamente la riconduzione dell'evento infortunistico all'occasione di lavoro.

Il Direttore centrale Dott. Agatino Cariola


[1] Per tutte, Corte di Cassazione, ordinanza 19 marzo 2019, n. 7649.

[2] Cassazione civile, sezione lavoro, n.17917 del 20 luglio 2017, in cui si osserva anche che se si negasse l'occasione di lavoro in ogni caso in cui il lavoratore violando una qualsiasi regola precauzionale (...) si ponga in una situazione di pericolo (come quando infili la mano dentro una macchina pericolosa per recuperare un attrezzo da lavoro), tale per cui tutte le volte in cui il comportamento volontario ed imprudente dello stesso lavoratore si ponga all'origine dell'infortunio, si dovrebbe allora dire negli stessi casi che l'infortunio si sarebbe potuto evitare evitando appunto la stessa occasione di lavoro. Ogni infortunio derivante da un rischio che il lavoratore avrebbe dovuto e potuto evitare verrebbe così escluso dalla tutela.

[3] Cassazione, sez. lavoro, n. 11417 del 18.5.2009: In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. Tale genere di rischio che è in grado di incidere, escludendola, sull'occasione di lavoro - si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa.

 

Sentenza. Risponde in solido la committente.

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Ricorso contro Banca AKROS dei lavoratori in appalto per società in liquidazione.

Il sindacato con per lavoratori ha chiesto alla committente il pagamento del dovuto.

A amrgine delle sentenze resta ancora inevasa un solo lavoratore che a breve avremo sentenza.

 

Tribunale di Milano

SEZIONE CIVILE

Settore Lavoro

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Beatrice Gigli ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile, col rito del lavoro, iscritta al n. r.g. 11984/2019 promossa da:

N................................... .................................... (C.F. ...................................), con il patrocinio dell'avv. CATAPANO GIUSEPPE elettivamente domiciliato in VIA BENVENUTO CELLINI, 5, 20129 MILANO presso il difensore avv.

CATAPANO GIUSEPPE

RICORRENTE

contro

BANCA AKROS S.P.A. (C.F. 03064920154), con il patrocinio dell'avv. ............................ ...................... elettivamente domiciliato in .................. .......................... ...................... presso il difensore avv. ....................................

CONVENUTO


Le parti hanno concluso come in atti.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con ricorso del 16/12/2019, NICOLAS MARTINEZ ha agito nei confronti di Banca Akros s.p.a. al fine di ottenere l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente al pagamento dell'importo lordo di €2.662,89. = a titolo di retribuzioni non corrisposte e dell'importo lordo di €1.895,21.= a titolo di differenze retributive, ovvero alle diverse somme che risulteranno di Giustizia.

2. Per l'effetto ed in applicazione delle previsioni dell'art. 29 D.Lgs. 276/2003 e/o dell'art. 1676 Codice Civile, condannare la convenuta BANCA AKROS S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a corrispondere alla ricorrente il complessivo importo lordo di €4.558,10. = ovvero il diverso importo che risulterà di Giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;

3. Con vittoria di spese e competenze di causa da distrarsi in favore del sottoscritto difensore antistatario'".

Banca AKROS S.p.a. si è costituita chiedendo il rigetto delle domande avversarie ed eccependo la prescrizione quinquennale.

Il ricorso, dopo una serie di rinvii volti a favorire la conciliazione, è stato deciso a seguito di discussione orale con lettura del dispositivo e della contestuale motivazione al termine della camera di consiglio.

***

In primo luogo, deve darsi atto che il ricorrente ha ridotto la propria domanda per retribuzioni non corrisposte dalla somma di euro 1.895,21 alla somma di euro 1737,76 avendo riscontrato l'adibizione ad altro cantiere nel periodo marzo 2013 - agosto 2013 (v. verbale del 28/1/2021).

Sempre in via preliminare, si osserva che l'eccezione di prescrizione non è fondata.

Per costante interpretazione della giurisprudenza di legittimità, infatti, la prescrizione quinquennale inizia a decorrere in pendenza del rapporto di lavoro, dal momento in cui il diritto può esser fatto valere, se il rapporto è assistito dalla garanzia dell'applicabilità del regime della stabilità reale (Cass. SU 13 febbraio 1984 n. 1073; Cass. SU 17 aprile 1976 n. 1268).

La riformulazione del sistema delle tutele dovuta alla L. 92/2012, ed in particolare la non esclusiva applicazione della misura ripristinatoria quale sanzione per l'invalidità del recesso nell'area di applicazione dell' art. 18 S.L. , porta tuttavia a ritenere che dall'entrata in vigore della nuova disciplina i lavoratori, pur dipendenti da azienda sottoposta all'articolo 18 SL, potessero incorrere - per la durata della relazione lavorativa - nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della la propria stabilità (cfr. C. Cost. n. 63 del 1966 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale, in tal modo, dell'articolo 2948, n. 3, cc).

In tale ottica, del resto, costituisce già orientamento giurisprudenziale quello per cui "la decorrenza o meno della prescrizione in corso di rapporto va verificata con riguardo al concreto atteggiarsi del medesimo in relazione alla effettiva esistenza di una situazione psicologica di "metus" del lavoratore e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto, ove questo fosse stato pacificamente riconosciuto dalle parti fin dall'inizio come avente le modalità che il giudice, con un giudizio necessariamente "ex post", riconosce, applicando, quindi, la relativa disciplina legale" (cfr., ad es., Cass. Sentenza n. 23227 del 13/12/2004; Sentenza n. 20987 del 29/10/2004; Sentenza n. 11793 del 06/08/2002).

Con l'entrata in vigore della L 92/2012 deve quindi ritenersi sospesa la decorrenza del termine quinquennale che, nella fattispecie, la quale ha a oggetto crediti insorti dal 2009, non può ritenersi decorso.

Ciò premesso, il ricorrente allega di essere stato assunto da CE.SER S.r.l. con contratto a tempo indeterminato part-time ed inquadramento nel 1° Livello CCNL Imprese di Pulizia Multiservizi per lo svolgimento di mansioni di Operaio Pulitore presso l'appalto BANCA AKROS S.p.A. in Milano, Viale Eginardo n. 29; di essere stato inquadrato nel II livello a partire da novembre 2016; che, a seguito della cessazione dell'appalto, il 31/12/2017, è stato assunto da Pulitori & Affini S.p.a. ed è tutt'oggi impiegato presso l'appalto di Banca Akros; di aver ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti di CE.SER per il pagamento delle retribuzioni di novembre e dicembre 2017 pari a complessivi euro 2.662,89; di aver diritto a differenze retributive per superiore inquadramento e in applicazione di Accordi Integrativi della Provincia di Milano per complessivi euro ; che, a seguito del fallimento di CE.SER è stato ammesso al passivo per l'importo di euro 4.513,68, ma di aver ottenuto solo il TFR dal Fondo di Tesoreria INPS; di aver diritto alla indennità integrativa mensile di euro 14,50 corrisposta nel minore importo di Euro 11,81. La domanda del ricorrente è fondata.

Non contestata è la responsabilità solidale ex art. 29 D.lgs. 276/2003. Questo giudice, sebbene consapevole della natura discussa e controversa della questione, ritiene di aderire all'orientamento secondo cui la responsabilità solidale comprende anche l'indennità per ferie non godute. Quest'ultima, infatti, è il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere destinato alle ferie e rientra, quindi, nella nozione di "retribuzione" di cui all'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003 (Tribunale Milano, 16/11/2018, n.2928).

Quanto all'indennità di mensa, si condivide quanto affermato da precedente di questo Tribunale n. 2393/2020, che si richiama anche ex art. 118 disp. Att. c.p.c., secondo cui "l'orientamento della Corte di Cassazione rimanda, al riguardo, all'interpretazione dei contratti collettivi sull'assunto che tale voce possa avere sia natura retributiva, sia compensare determinati disagi".

L'art. 18 CCNL di categoria recita: "Per retribuzione globale mensile si intende quella risultante dalla somma della retribuzione base e di ogni eventuale superminimo o assegno "ad personam", nonché di ogni altro compenso comunque denominato, corrisposti con carattere di continuità, esclusa ogni somma non avente carattere retributivo (rimborso spese, ecc."). Nel nostro caso, risulta la corresponsione continuativa della indennità da ritenersi corrisposta, in assenza di ulteriori elementi, quale componente della retribuzione e non per compensare determinati disagi.

Pacifica è poi la natura retributiva relativa alla voce prevista dall'accordo integrativo provinciale che è sempre stata pagata nella misura di € 11,81 in luogo delle dovute € 14,50 come evidenziato dai conteggi che non si ha motivo di disattendere (v. in senso analogo Tribunale di Milano n. 2393/2020).

Anche la domanda di superiore inquadramento risulta fondata in quanto è documentale l'assunzione del ricorrente quale addetto alle pulizie, profilo compatibile con il livello II ma non con il livello I del CCNL in atti.

La domanda deve quindi essere accolta con condanna della convenuta, responsabile solidale ex art. 29 D.lgs. 276/2003, a corrispondere al ricorrente euro 4.400,65 (1.737,76 + 2.662,89) oltre rivalutazione e interessi legali ex art. 429 comma 3 c.p.c..

Spese secondo soccombenza con liquidazione in dispositivo e distrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, visto l'art. 429 c.p.c., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

condanna la convenuta, per le causali di cui al ricorso, a corrispondere al ricorrente euro 4.400,65 oltre rivalutazione e interessi legali dal dovuto al saldo;

Condanna altresì la parte resistente a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in € 1.200, oltre i.v.a., c.p.a. e 15 % per spese generali, con distrazione.

Milano, 28 gennaio 2021

Il Giudice dott.

Maria Beatrice Gigli

 

   

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