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Bolognina di Crevalcore. Il disastro!

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Perché siamo qui

a 10 anni dal disastro ferroviario di Bolognina di Crevalcore che ha causato

17 morti, tra cui 5 ferrovieri, e oltre 20 feriti

La linea era a binario unico, la nebbia fitta, un solo macchinista alla guida, accanto il capotreno, la cabina di guida col famigerato pedale "a uomo morto". Niente "ripetizione dei segnali in macchina" e Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT), che avrebbero sicuramente evitato il disastro. Dal 2003 riduzione del personale e trasformazione, per ridurre i tempi, dell'incrocio con fermata in "incrocio volante". Assenza delle tavole distanziometriche rifrangenti per segnalare l'approssimarsi di un semaforo che poteva essere rosso. Proprio per l'arretratezza della linea, prima Bolognina era una stazione vera con capostazione e alla guida dei treni 2 macchinisti. Per la frequentissima nebbia si usavano i petardi per avvisare di un semaforo rosso. Tagli senza misure tecnologiche di "compensazione" per evitare un prevedibile "errore umano". Questi i fatti, per difetto, perché a leggere tutti gli atti non si può che gridare: strage annunciata, perché tutte le condizioni si sono poste affinché non fosse evitata!

Ma il PM chiede l'archiviazione: è solo grazie all'intervento dei ferrovieri e dei loro Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza (Rls) che fanno opposizione, forte e circostanziata (che viene accolta), denunciano i fatti, presidiano le udienza e si presentano, con l'Orsa Emilia Romagna, come unica parte civile, e la ‘partita’ si riapre.

Siamo qui perché quella di Crevalcore, del maggio 2009 (solo un mese prima del disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno che ha causato 32 Vittime) è una sentenza esemplare che serve all'oggi: tutto il procedimento aveva dimostrato le gravissime omissioni, le rimozioni, le "evidenze", ma il giudice stabilisce che il disastro è da attribuirsi all'errore umano del macchinista Vincenzo di Biase e assolve tutti gli imputati, pugnalando ancora al cuore i familiari di tutte le Vittime; ma non può negare che le responsabilità vanno estese al "sistema ferroviario" nel suo complesso. Non ne trae però le conseguenze, perché avrebbe messo in discussione tutta l'attuale struttura economico-sociale. Questa contraddizione, che lorsignori hanno dovuto risolvere, non si sarebbe espressa se i ferrovieri non si fossero mobilitati.

Siamo qui perché questo 10° anniversario è un appuntamento da non perdere, visto le sentenze susseguitesi nell'ultimo periodo (l'elenco è per difetto):

- la sentenza Thyssen krupp, dell'aprile scorso, con cui è stata annullata la sentenza della Corte d’Appello di Torino (che aveva già ridotto le pene derubricando l'omicidio da doloso a colposo): il nuovo processo deve rideterminare, ovviamente a ribasso, le pene degli imputati;

- la sentenza di 2° grado de L’Aquila che assolve i membri della Commissione grandi rischi che una settimana prima del terremoto, che provocò 309 Vittime, aveva rassicurato la popolazione che non vi era alcun pericolo;

- la sentenza Eternit del 19 novembre, con l'assoluzione definitiva per prescrizione del reato di disastro ambientale del miliardario Stephan Schmidheiny, imputato di oltre 3.000 morti da amianto. Annullati anche i risarcimenti per le parti civili;

- la sentenza ‘Marlane’: a dicembre, il Tribunale di Paola assolve i 12 imputati, tra cui il presidente Marzotto, responsabili dei 107 operai morti alla Marlane di Praia a Mare (Cs);

- sempre il Tribunale di Chieti, a dicembre, ha assolto tutti gli imputati nel processo per la megadiscarica Montedison di Bussi che ha avvelenato 700.000 persone, reato prescritto perché derubricato da doloso a colposo.

Come per il processo di Crevalcore, in ognuno di questi procedimenti la mobilitazione ha contato e ha condizionato i Tribunali fino a un certo punto, come per l'Eternit e la Thyssen, con le sentenze "storiche" di 1° grado, o la Marlane di Praia a Mare.

Ma "alla fine dei conti" il "sistema" non può essere messo in discussione: il sistema del profitto, che deve avere i suoi caduti, che devono essere fatti collettivamente ingoiare come naturali, perché il progresso, dicono, non si può fermare. La logica del profitto prevale su tutto e i Tribunali riconoscono questo dominio.

Siamo qui perché la nostra esperienza, le riflessioni e la comprensione a cui ci ha portato, ci ha ancora più convinto che come lavoratori, come cittadini, non possiamo delegare a questi Tribunali la tutela della vita, della sicurezza e della salute. La storia, l’esperienza e la realtà hanno dimostrato che non ce lo possiamo permettere. Queste sentenze assolvono i responsabili delle morti e del disastro ambientale e condannano chi opera in prima persona per questi beni fondamentali della collettività, come le due sentenze-vergogna (del 4 giugno 2013 del giudice del Tribunale di Lucca, Luigi Nannipieri, e del 17 luglio scorso del presidente del Tribunale della Corte di Appello di Firenze, Giovanni Bronzini, coadiuvato dai giudici Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio) che hanno confermato il licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini, “accusato” di aver violato l’obbligo di fedeltà a Moretti, Elia, Soprano, rinviati a giudizio per la strage ferroviaria di Viareggio.

Ma questi giudici sono coscienti che siamo di fronte a 32 Vittime (bambini, ragazze, uomini e donne) e a numerosi feriti di cui alcuni ne porteranno le conseguenze per tutta la vita?

Non dobbiamo fermarci di fronte alle "loro" sentenze di parte, ma dobbiamo organizzarci, denunciare e mobilitarci perché la tutela della vita dei lavoratori e dei cittadini, non può essere nelle mani di chi ha deliberatamente deciso di stare dalla parte dei potenti.

Siamo qui perché vogliamo "riaprire la partita", perché neghiamo la "loro" logica del primato dell'economia sulla salute, dell'impresa, del mercato e del profitto sul primato del bene collettivo: la vita e la sicurezza.

Di fronte all’evidenza che questo Stato, prima o poi, assolve padroni e manager, sta a noi cogliere ogni occasione per riaprire la partita. I tempi sono cambiati in peggio per i senza-potere, sono sempre più le sentenze contro di loro ed allora dobbiamo far sì che i tempi cambino anche per i poteri forti, impuniti ed assolti da questi Tribunali.

Vogliamo dirlo a tutti voi attraverso le parole della presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime del 29 giugno 2009 "Il mondo che vorrei": “… vorremmo che la strage di Viareggio, come ogni altro assassinio sul e da lavoro, non venga dimenticata, non rimanga impunita e non accada mai più un altro “29 giugno” e per far sì che ciò avvenga è necessario mobilitarsi, organizzarsi e lottare, essere noi i protagonisti senza delegare niente a nessuno, lottare per la sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio per la difesa della salute di tutti. E' necessario, affinché ciò avvenga, che noi familiari ci si “apra” e si sia al vostro fianco, ma occorre anche essere coscienti che la lotta per la sicurezza, la salute, la vita è soprattutto nelle vostre mani, nelle mani del movimento dei lavoratori ".

7 gennaio 2015

- Associazione “Il mondo che vorrei”

- Assemblea 29 giugno

 

 

10 anni dal disastro di Crevalcore (BO)

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Perché siamo qui

a 10 anni dal disastro ferroviario di Bolognina di Crevalcore che ha causato 17 morti, tra cui 5 ferrovieri, e oltre 20 feriti

La linea era a binario unico, la nebbia fitta, un solo macchinista alla guida, accanto il capotreno, la cabina di guida col famigerato pedale "a uomo morto". Niente "ripetizione dei segnali in macchina" e Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT), che avrebbero sicuramente evitato il disastro. Dal 2003 riduzione del personale e trasformazione, per ridurre i tempi, dell'incrocio con fermata in "incrocio volante". Assenza delle tavole distanziometriche rifrangenti per segnalare l'approssimarsi di un semaforo che poteva essere rosso. Proprio per l'arretratezza della linea, prima Bolognina era una stazione vera con capostazione e alla guida dei treni 2 macchinisti. Per la frequentissima nebbia si usavano i petardi per avvisare di un semaforo rosso. Tagli senza misure tecnologiche di "compensazione" per evitare un prevedibile "errore umano". Questi i fatti, per difetto, perché a leggere tutti gli atti non si può che gridare: strage annunciata, perché tutte le condizioni si sono poste affinché non fosse evitata!

Ma il PM chiede l'archiviazione: è solo grazie all'intervento dei ferrovieri e dei loro Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza (Rls) che fanno opposizione, forte e circostanziata (che viene accolta), denunciano i fatti, presidiano le udienza e si presentano, con l'Orsa Emilia Romagna, come unica parte civile, e la ‘partita’ si riapre.

Siamo qui perché quella di Crevalcore, del maggio 2009 (solo un mese prima del disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno che ha causato 32 Vittime) è una sentenza esemplare che serve all'oggi: tutto il procedimento aveva dimostrato le gravissime omissioni, le rimozioni, le "evidenze", ma il giudice stabilisce che il disastro è da attribuirsi all'errore umano del macchinista Vincenzo di Biase e assolve tutti gli imputati, pugnalando ancora al cuore i familiari di tutte le Vittime; ma non può negare che le responsabilità vanno estese al "sistema ferroviario" nel suo complesso. Non ne trae però le conseguenze, perché avrebbe messo in discussione tutta l'attuale struttura economico-sociale. Questa contraddizione, che lorsignori hanno dovuto risolvere, non si sarebbe espressa se i ferrovieri non si fossero mobilitati.

Siamo qui perché questo 10° anniversario è un appuntamento da non perdere, visto le sentenze susseguitesi nell'ultimo periodo (l'elenco è per difetto):

- la sentenza Thyssen krupp, dell'aprile scorso, con cui è stata annullata la sentenza della Corte d’Appello di Torino (che aveva già ridotto le pene derubricando l'omicidio da doloso a colposo): il nuovo processo deve rideterminare, ovviamente a ribasso, le pene degli imputati;

- la sentenza di 2° grado de L’Aquila che assolve i membri della Commissione grandi rischi che una settimana prima del terremoto, che provocò 309 Vittime, aveva rassicurato la popolazione che non vi era alcun pericolo;

- la sentenza Eternit del 19 novembre, con l'assoluzione definitiva per prescrizione del reato di disastro ambientale del miliardario Stephan Schmidheiny, imputato di oltre 3.000 morti da amianto. Annullati anche i risarcimenti per le parti civili;

- la sentenza ‘Marlane’: a dicembre, il Tribunale di Paola assolve i 12 imputati, tra cui il presidente Marzotto, responsabili dei 107 operai morti alla Marlane di Praia a Mare (Cs);

- sempre il Tribunale di Paola, a dicembre, ha assolto tutti gli imputati nel processo per la megadiscarica Montedison di Bussi che ha avvelenato 700.000 persone, reato prescritto perché derubricato da doloso a colposo.

Come per il processo di Crevalcore, in ognuno di questi procedimenti la mobilitazione ha contato e ha condizionato i Tribunali fino a un certo punto, come per l'Eternit e la Thyssen, con le sentenze "storiche" di 1° grado, o la Marlane di Praia a Mare.

Ma "alla fine dei conti" il "sistema" non può essere messo in discussione: il sistema del profitto, che deve avere i suoi caduti, che devono essere fatti collettivamente ingoiare come naturali, perché il progresso, dicono, non si può fermare. La logica del profitto prevale su tutto e i Tribunali riconoscono questo dominio.

Siamo qui perché la nostra esperienza, le riflessioni e la comprensione a cui ci ha portato, ci ha ancora più convinto che come lavoratori, come cittadini, non possiamo delegare a questi Tribunali la tutela della vita, della sicurezza e della salute. La storia, l’esperienza e la realtà hanno dimostrato che non ce lo possiamo permettere. Queste sentenze assolvono i responsabili delle morti e del disastro ambientale e condannano chi opera in prima persona per questi beni fondamentali della collettività, come le due sentenze-vergogna (del 4 giugno 2013 del giudice del Tribunale di Lucca, Luigi Nannipieri, e del 17 luglio scorso del presidente del Tribunale della Corte di Appello di Firenze, Giovanni Bronzini, coadiuvato dai giudici Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio) che hanno confermato il licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini, “accusato” di aver violato l’obbligo di fedeltà a Moretti, Elia, Soprano, rinviati a giudizio per la strage ferroviaria di Viareggio.

Ma questi giudici sono coscienti che siamo di fronte a 32 Vittime (bambini, ragazze, uomini e donne) e a numerosi feriti di cui alcuni ne porteranno le conseguenze per tutta la vita?

Non dobbiamo fermarci di fronte alle "loro" sentenze di parte, ma dobbiamo organizzarci, denunciare e mobilitarci perché la tutela della vita dei lavoratori e dei cittadini, non può essere nelle mani di chi ha deliberatamente deciso di stare dalla parte dei potenti.

Siamo qui perché vogliamo "riaprire la partita", perché neghiamo la "loro" logica del primato dell'economia sulla salute, dell'impresa, del mercato e del profitto sul primato del bene collettivo: la vita e la sicurezza.

Di fronte all’evidenza che questo Stato, prima o poi, assolve padroni e manager, sta a noi cogliere ogni occasione per riaprire la partita. I tempi sono cambiati in peggio per i senza-potere, sono sempre più le sentenze contro di loro ed allora dobbiamo far sì che i tempi cambino anche per i poteri forti, impuniti ed assolti da questi Tribunali.

Vogliamo dirlo a tutti voi attraverso le parole della presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime del 29 giugno 2009 "Il mondo che vorrei": “… vorremmo che la strage di Viareggio, come ogni altro assassinio sul e da lavoro, non venga dimenticata, non rimanga impunita e non accada mai più un altro “29 giugno” e per far sì che ciò avvenga è necessario mobilitarsi, organizzarsi e lottare, essere noi i protagonisti senza delegare niente a nessuno, lottare per la sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio per la difesa della salute di tutti. E' necessario, affinché ciò avvenga, che noi familiari ci si “apra” e si sia al vostro fianco, ma occorre anche essere coscienti che la lotta per la sicurezza, la salute, la vita è soprattutto nelle vostre mani, nelle mani del movimento dei lavoratori ".

7 gennaio 2015

 

 

SOLIDARIETA' agli occupanti del Corvetto!

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Sgomberiamo ogni dubbio...

SOLIDARIETA'

agli occupanti del Corvetto!

No Austerity

Coordinamento

delle lotte

 

Pare proprio che la giunta Milano - in combutta con Regione Lombardia, Prefettura, Aler - abbia dichiarato la sua battaglia contro le occupazioni a scopo abitativo, e in generale contro la città popolare alternativa e antagonista. Sarà forse per fare trovare alle presunte centinaia di migliaia di visitatori, ma soprattutto agli investitori dell'Expo, una città normalizzata, piatta e amorfa e a disposizione di “nutriente profitto”?

Dopo la battaglia mediatica e i primi sgomberi in altre zone è arrivata l'ora di intervenire nel quartiere Corvetto, dove a suon di cariche e lacrimogeni (addirittura all'interno del mercato rionale in mezzo alla gente che faceva la spesa) le "forze dell'ordine" presenti in maniera oltremodo massiccia hanno sgomberato ben due spazi sociali (il Corvaccio e la Rosa Nera) e “liberando” alcuni appartamenti delle case popolari.

No Austerity è e sarà al fianco di chi tenta di oppone a questi atti di VIOLENZA QUOTIDIANA E OPPRESSIONE COME MEZZO DI SOTTOMISSIONE, auspicando che il “virus” della ribellione e la resistenza si diffondano ovunque, dai posti di lavoro alle scuole, ai comitati di lotta per la casa e che “contagino” e pongano al centro ora e sempre

“ che un nuovo mondo è possibile”!

Opponiamoci a questo sistema economico, sociale e politico, che offre miseria e repressione ai proletari e agli strati popolari delle città: contrapporsi agli sprechi al lusso e alla corruzione dei potenti di turno è doveroso e legittimo. Politica e corruzione che vorrebbero declinare le nostre vite al profitto devastando ambiente e territorio sono fuori dall’ambiente.

Basta case senza persone! Basta persone senza case!

Per una lotta sociale generalizzata e auto difesa contro i padroni!

No Austerity - Coordinamento delle Lotte

www.coordinamentonoausterity.org

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Assemblea nazionale 8 Novembre a Firenze.

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Assemblea nazionale 8 Novembre a Firenze.

 

Riuscita e positiva assemblea di delegati-e operai e non solo, contro accordo del 10 gennaio 2014 firmato in Italia da Confindustria con Cgil Cisl Uil (sindacati aderenti alla C.E.S. Confederazione europea sindacale) sulla rappresentanza sindacale.

 

NO ALL’ACCORDO, NO AL JOBS ACT, SI ALL’ESTENSIONE DEI DIRITTI A TUTTI-E, LA RISPOSTA OPERAIA E DELL’ASSEMBLEA:

SCIOPERO GENERALE E SOCIALE IL 14 NOVEMBRE…

 

Più di 105 delegati-e, provenienti da varie parti d’Italia, moltissimi operari e delegati di fabbriche e dai posti di lavoro pubblici e privati, hanno partecipato alla prima assemblea nazionale a Firenze.

 

Il dibattito, molto stimolante ha ribadito la contrarietà all’accordo firmato il 10 gennaio 2014, che nelle intenzioni vorrebbe smantellare qualsiasi libertà sindacale e agibilità per tutti-e coloro che non accettino di diventare “servi della gleba” e complici delle controparti padronali. Un accordo che è speculare e fa il paio con il provvedimento di legge italiana (Ddl Poletti) che modifica in peggio il contratto a tempo determinato, l’apprendistato e con il “JOBS ACT” (attualmente in discussione al Parlamento Italiano, come legge delega al governo, che sarà autorizzato a fare i provvedimenti normativi attuativi di una “delega in bianco” sui diritti di chi lavora e di chi dovrebbe essere assunto-a). Dalla presidenza dell’assemblea, come da molti interventi, è partito un appello a promuovere e a partecipare, come risposta dai posti di lavoro, allo SCIOPERO GENERALE E SOCIALE NAZIONALE DEL 14 NOVEMBRE, con manifestazioni e iniziative in oltre 60 città in Italia, sciopero generale proclamato da diversi sindacati combattivi e conflittuali, al quale si aggiunge lo “sciopero dimezzato”  della stessa Fiom per la data del 14 novembre per le fabbriche del nord, sciopero sociale con il protagonismo e la partecipazione attiva di tanti collettivi di precari, studenti e studentesse, spazi sociali, lavoratori –trici al nero, saltuari e intermittenti, lavoratori autonomi a partita IVA, che si sono riconosciuti nel percorso dello STRIKE MEETING, uno sciopero GENERALE E SOCIALE, il primo nel 2014 con tali caratteristiche in Italia, che parte dalla resistenza di lavoratori e lavoratrici e che si intreccia con quella dei “senza voce” senza diritti e garanzie, per poter estendere a tutti e tutte i diritti sul lavoro e del lavoro, le condizioni salariali e di reddito dignitose, non certo per togliere i diritti a chi ce li ha, peggiorando la condizione di tutta la forza lavoro (e di quella in formazione), come sta facendo l’attuale governo, del premier Renzi, con l’Italia attualmente con al presidenza nel semestre nella U.E.

 

Saluti con documento letto in assemblea, sono arrivati dalla Francia da U.S.S. SOLIDAIRES, a livello internazionale è intervenuto un esponente del sindacato CSP – CONLUTAS brasiliano, che ha portato i saluti anche della Rete Internazionale di solidarietà e lotta, rete alla quale fanno riferimento diversi sindacati italiani ed europei combattivi e conflittuali (tra i quali l’USI, la CUB…). Sono pervenuti i saluti all’assemblea e al percorso di lotta, anche da altri sindacati, tra i quali il Cobas Spagnolo. Un contributo attivo all’iniziativa è stato portato dalla Confederazione sindacale Unione Sindacale Italiana, che al congresso di luglio di quest’anno, ha deliberato la propria adesione all’appello e alla campagna per contrastare questo accordo liberticida del 10 gennaio, che è uno dei punti della piattaforma dello sciopero generale e sociale del 14 Novembre in Italia. L’Usi è stata presente nella presidenza e con interventi di componenti della segreteria e dell’esecutivo nazionale, che hanno ribadito che questo accordo i suoi effetti negativi, possono essere sconfitti, sia politicamente, che sui posti di lavoro e anche legalmente (ponendosi l’accordo del 10 gennaio in contrasto con principi fondamentali della Costituzione italiana, con sentenze della Corte Costituzionale e di convenzioni e accordi ratificati in sede OIL), oltre che con la LOTTA e il CONFLITTO.

 

All’assemblea dell’8 novembre, hanno partecipato con interventi qualificati, delegati-e delle strutture che hanno finora sottoscritto l’appello, della Cub, della Fiom, dell’Usi, dell’opposizione nella Cgil, con un importante intervento del S.I. Cobas, che ha ragguagliato sulla situazione nel settore della logistica, dichiarando la partecipazione allo sciopero del 14 novembre, ma dando indicazione di andare alla manifestazione della Fiom a Milano.

Un rilevante impegno è stato svolto dal Coordinamento NO Austerity, che si è fatto promotore dell’appello e della costruzione condivisa di questo percorso di opposizione.

 

ORA E SEMPRE RESISTENZA, NO JOBS ACT,

SCIOPERO GENERALE E SOCIALE DEL 14 NOVEMBRE …

LA LOTTA PROSEGUE, anche a LIVELLO INTERNAZIONALE.

 

A cura di USI Unione Sindacale Italiana fondata nel 1912

E mail segreteria nazionale collegiale:

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sito nazionale ufficiale attuale: www.usiait.it;

blog: www.unionesindacaleitaliana.blogspot.com;

archivio storico: www.usistoriaememoria.blogspot.com;

giornale: www.lottadiclasse.net.

 

 

La Nato dopo la guerra fredda*

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Il riorientamento strategico della Nato dopo la guerra fredda*

di Manlio Dinucci

Questo saggio di Manlio Dinucci ha fatto da base documentale per il suo intervento al convegno 'Come uscire dal Patto Atlantico' (Roma, 11 ottobre 2014)

NEWS 220169La Nato, fondata il 4 aprile 1949, comprende durante la guerra fredda sedici paesi: Stati Uniti, Canada, Belgio, Danimarca, Francia, Repubblica federale tedesca, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Turchia. Attraverso questa alleanza, gli Stati Uniti mantengono il loro dominio sugli alleati europei, usando l'Europa come prima linea nel confronto, anche nucleare, col Patto di Varsavia. Questo, fondato il 14 maggio 1955 (sei anni dopo la Nato), comprende Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Ungheria, Albania (dal 1955 al 1968).

Dalla guerra fredda al dopo guerra fredda

Il 9 novembre 1989 avviene il «crollo del Muro di Berlino»: è l'inizio della riunificazione tedesca che si realizza quando, il 3 ottobre 1990, la Repubblica Democratica si dissolve aderendo alla Repubblica Federale di Germania. Il 1° luglio 1991 si dissolve il Patto di Varsavia: i paesi dell'Europa centro-orientale che ne facevano parte non sono ora più alleati dell'Urss. Il 26 dicembre 1991, si dissolve la stessa Unione Sovietica: al posto di un unico Stato se ne formano quindici.

La scomparsa dell'Urss e del suo blocco di alleanze crea, nella regione europea e centro-asiatica, una situazione geopolitica interamente nuova. Contemporaneamente, la disgregazione dell'Urss e la profonda crisi politica ed economica che investe la Russia segnano la fine della superpotenza in grado di rivaleggiare con quella statunitense.

La guerra del Golfo del 1991 è la prima guerra che, nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, Washington non motiva con la necessità di arginare la minacciosa avanzata del comunismo, giustificazione alla base di tutti i precedenti interventi militari statunitensi nel «terzo mondo», dalla guerra di Corea a quella del Vietnam, dall'invasione di Grenada all'operazione contro il Nicaragua. Con questa guerra gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza militare e influenza politica nell'area strategica del Golfo, dove si concentra gran parte delle riserve petrolifere mondiali, e allo stesso tempo lanciano ad avversari, ex-avversari e alleati un inequivocabile messaggio. Esso è contenuto nella National Security Strategy of the United States (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti), il documento con cui la Casa Bianca enuncia, nell'agosto 1991, la nuova strategia.

«Nonostante l'emergere di nuovi centri di potere - sottolinea il documento a firma del presidente - gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione - politica, economica e militare - realmente globali. Nel Golfo abbiamo dimostrato che la leadership americana deve includere la mobilitazione della comunità mondiale per condividere il pericolo e il rischio. Ma la mancanza di altri nell'assumersi il proprio onere non ci scuserebbe. In ultima analisi, siamo responsabili verso i nostri stessi interessi e la nostra stessa coscienza, verso i nostri ideali e la nostra storia, per ciò che facciamo con la potenza in nostro possesso. Negli anni Novanta, così come per gran parte di questo secolo, non esiste alcun sostituto alla leadership americana».

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