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via mail: licenziamento illegittimo

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Ultimo aggiornamento Martedì 19 Marzo 2024 09:22 Scritto da Sandro Martedì 19 Marzo 2024 09:20

Addebito disciplinare via mail: licenziamento illegittimo

Sergio Di Dato e Francesco Chinni | 16 mar 2024

Il tribunale di Bologna ha sancito l'illegittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo preceduto dalla comunicazione sulla mail aziendale di una contestazione disciplinare

· Comunicazione addebito sulla mail aziendale e licenziamento

· La vicenda

· La decisione del Tribunale di Bologna

Comunicazione addebito sulla mail aziendale e licenziamento

Il Tribunale di Bologna ha sancito l'illegittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo preceduto dalla comunicazione di una contestazione disciplinare non conforme ai criteri dell'art. 7 della L. 300/1970, il c.d. Statuto dei Lavoratori, condannando il datore di lavoro alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno.

La vicenda

Un lavoratore dipendente di un'azienda del settore metalmeccanico si è visto recapitare due provvedimenti di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, a distanza di poco meno di un mese l'uno dall'altro, senza che in precedenza avesse ricevuto alcuna formale comunicazione di addebito disciplinare.

Tali provvedimenti, peraltro non fondati, sono stati tempestivamente impugnati dal lavoratore, prima in sede stragiudiziale e successivamente ricorrendo alla sezione lavoro del Tribunale di Bologna, competente per territorio.

In particolare, nel ricorso, oltre ad aver dedotto l'insussistenza materiale dei fatti posti a fondamento dei licenziamenti, si è evidenziato che i due provvedimenti espulsivi intimati al lavoratore risultavano in evidente violazione dell'art. 7 della L. 300/1970, il c.d. Statuto dei Lavoratori; tale norma condiziona infatti la legittimità del licenziamento disciplinare (che sia per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo) allo svolgimento di un procedimento disciplinare ritualmente instaurato.

Si è pertanto chiesta la condanna del datore di lavoro alla reintegra del ricorrente nel posto di lavoro e al risarcimento del danno.

La società resistente si è costituita deducendo che le contestazioni disciplinari erano state comunicate al lavoratore attraverso diverse e-mail inviate sia all'indirizzo di posta elettronica ordinaria sia all'indirizzo di posta elettronica aziendale del ricorrente, per poi spiegare nei confronti di quest'ultimo un'avventata domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.

La decisione del Tribunale di Bologna

La sezione lavoro del Tribunale di Bologna (con sentenza sotto allegata), rigettando tutte le eccezioni e le domande riconvenzionali della società ex datrice di lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore.

Per il Giudice, infatti, non è stato necessario procedere all'accertamento della sussistenza o meno dei fatti materiali asseritamente posti alla base del licenziamento, poiché risultava incontestato, in via assorbente, il mancato rispetto delle formalità sancite dall'art. 7 della L. 300/1970.

Difettava infatti "qualunque prova certa della avvenuta comunicazione da parte della società convenuta e del ricevimento da parte del ricorrente, delle contestazioni disciplinari presupposto", ciò comportando - sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione (Cass Sez. Un. N°14916/2016 e Cass. N°15345/2023) - la possibilità di ritenere mancante la contestazione di addebito e, dunque, il licenziamento intimato in violazione del menzionato articolo 7. "Tale mancanza" - prosegue il Giudice del Lavoro - "impone di ritenere insussistente il fatto contestato, con conseguente applicazione della sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro di cui all'art. 3, comma 2, del D.Lgs. N°23/2015 (Cass.N°4879/2020 costante sul punto)".

Sulla base di tali motivazioni, il Tribunale di Bologna ha sanzionato l'illegittimità del licenziamento con la c.d. tutela "forte" o "reale", condannando la società resistente alla reintegra del lavoratore nel posto di lavoro - convertibile in un'indennità pari a 15 mensilità retributive - e al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni lorde non corrisposte dal giorno del licenziamento a quello della reintegra (con interessi legali e rivalutazione monetaria secondo indici Istat, oltre alla regolarizzazione contributiva e previdenziale), nel caso di specie pari a 25 mensilità.

 

Avv. Francesco Chinni

Avv. Sergio Di Dato

 

Dipendenti pubblici, no a sanzioni

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Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Marzo 2024 15:56 Scritto da Sandro Lunedì 18 Marzo 2024 15:54

Dipendenti pubblici, no a sanzioni per colpa grave o negligenza nel 2024:

prorogata ancora la responsabilità limitata

• Pubblica amministrazione - 19/02/2024 - AVV. LILLA LAPERUTA

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Responsabilità limitata per amministratori pubblici e medici

Con un emendamento apportato al d. l. 215/2023 (decreto milleproroghe) sarà esteso sino al 31 dicembre 2024 lo scudo erariale introdotto in via eccezionale dall'articolo 21, comma 2, del d. l. 16 luglio 2020, n. 76 a favore degli amministratori pubblici. La disposizione citata, si ricorda, al fine di scongiurare la "paura della firma" dei pubblici funzionari in epoca di emergenza epidemiologica, aveva disposto la circoscrizione ai comportamenti commissivi dolosi della responsabilità erariale (salva restando la colpa grave per le condotte omissive o comunque inerti ), limitatamente alle condotte poste in essere tra il 17 luglio 2020 ed il 31 dicembre 2021. Veniva contestualmente prescritta in capo al Pubblico ministero contabile, in caso di addebito a titolo doloso, la dimostrazione della volontà dell'agente (il funzionario amministrativo) dell'evento dannoso.

Ma cosa prevede il regime generale?
In via generale, la responsabilità erariale (o amministrativo-contabile) si configura quando il dipendente pubblico (o soggetti legati alle pubbliche amministrazioni da rapporto di servizio) arrechi un danno patrimoniale, diretto o indiretto, alla propria amministrazione o ad altro ente pubblico, anche comunitario, a titolo di dolo o di colpa grave.
La condotta illecita configurabile a titolo di responsabilità erariale trova il suo referente normativo nella L. 20/1994 (art.1) e la giurisdizione in materia è affidata dalla Costituzione alla Corte dei conti (art. 103).
Il dolo erariale consiste nella volontà dell'evento dannoso, accompagnata alla volontarietà della condotta antidoverosa: non basta cioè la consapevolezza degli obblighi di servizio, ma ad essa deve accompagnarsi anche l'intenzione di produrre l'evento dannoso. Quanto alla nozione di colpa grave , essa potrebbe intendersi quale macroscopica e inescusabile negligenza ed imprudenza nell'espletamento delle mansioni e/o nell'adempimento dei propri doveri istituzionali, cioè un atteggiamento di estrema superficialità, trascuratezza nella cura di beni e interessi pubblici (amministratori ), ovvero un comportamento caratterizzato da un grado di diligenza, prudenza, perizia, razionalità e correttezza decisamente inferiore allo standard minimo professionale.
Va anche aggiunto che il d. l. 215/2023 non è stato salutato con favore dai giudici contabili in quanto, mancando i presupposti della crisi pandemica, avrebbe ora l'effetto pericoloso di stabilizzare l'esclusione della perseguibilità delle condotte commissive poco virtuose, così esponendo il nostro Paese al grave rischio di spreco di denaro pubblico e di gestioni opache proprio in questo momento storico delicato che lo vede impegnato nell'amministrazione di un flusso cospicuo di finanziamenti legati all' attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza
Una possibile area d'impunità, insomma, dove l'operatività con colpa grave non verrebbe in alcun modo sanzionata, anche a fronte di gravi perdite dell'Erario, e questo perché il legislatore ha dato prevalenza alla necessità di dare maggiore serenità al funzionario amministrativo all'atto dell'avvio del processo decisionale e di evitare il rischio di paralisi dell'azione amministrativa.
Ma un altro scudo è stato alzato in sede di conversione del decreto milleproroghe. Si tratta dello scudo penale, già introdotto sempre ex d. l. 76/2020 in fase di emergenza Covid, che limita "ai soli casi di colpa grave" la punibilità per chi in modo colposo causa morte o lesioni personali in situazioni di grave carenza di personale sanitario. Adesso l'estensione temporale del regime di limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave lascia purtroppo intendere lo stato di perdurante situazione di emergenza sanitaria, in cui difettano le risorse umane e materiali indispensabili per garantire l'esercizio del diritto alla salute dei cittadini.

   

Ssn in crisi sistemic.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Marzo 2024 15:46 Scritto da Sandro Lunedì 18 Marzo 2024 15:44

Corte dei Conti:

“Ssn in crisi sistemica non garantisce più equità di accesso a cure”

da Cristina Fortunati14 Febbraio 2024Aggiornato:14 Febbraio 2024

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La magistratura contabile: “La tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato. Il Ssn dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia soffre di una crisi sistemica accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato”. E il tema della “responsabilità medica” è parte del più ampio problema della “crisi sistemica” della sanità cui servono “decisioni e investimenti non più rinviabili”.

“Non si può sottacere che la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata; la tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato”. È questa la fotografia scatta dalla Corte dei conti sul Ssn durante la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024.

Ma non solo, un capitolo della relazione scritta è stato dedicato alle problematiche della responsabilità medica. “Il tema – scrive la Corte – deve divenire parte delle riflessioni sull’efficienza del sistema sanitario che, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica – accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato – cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni ed investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni, capaci di ridare lustro ad una professione che, assieme a quella degli insegnanti, misura il senso civile di un Paese”.

“La spesa sanitaria – afferma la Corte – è oggi, dopo la difficile fase pandemica, alla ricerca di nuovi equilibri. Nel 2022 in termini di contabilità nazionale le spesa ha segnato una riduzione in termini di prodotto e assume, nelle previsioni del governo nel DEF 2023, un profilo in continua flessione anche nel prossimo triennio. Una “normalizzazione” in attesa che i fenomeni demografici portino a nuovi incrementi. Si tratta di un quadro che trova nei conti regionali ulteriori elementi: nel 2022 seppur a tassi più contenuti dello scorso biennio, la spesa sanitaria ha continuato a crescere più delle entrate, ponendo le Amministrazioni di fronte alla necessità, come è avvenuto anche nel 2023, di “dirottare” al finanziamento del settore risorse aggiuntive per garantire l’equilibrio dei conti. Inoltre, guardando alla spesa sanitaria pro-capite, si accentua la variabilità interregionale, mettendo in luce non tanto le differenze nei bisogni delle popolazioni, quanto piuttosto le diverse capacità di reazione legate alle caratteristiche dei modelli di produzione dell’assistenza a livello regionale”.

“Il monitoraggio dei LEA relativi all’esercizio 2021 – sottolinea la Corte -, pur evidenziando un miglioramento generale dopo la battuta di arresto dell’anno precedente, con 14 regioni che raggiungono la sufficienza in ciascun livello di assistenza (rispetto alle 11 del 2020 ma alle 15 del 2019) indica il permanere di criticità, soprattutto nelle regioni meridionali. Continuano a rilevarsi valori estremamente contenuti, ad esempio, per gli screening oncologici effettuati nelle regioni in Piano, e solo parziale nel 2022 è stato il recupero delle prestazioni non effettuate durante la pandemia; il tasso di pazienti trattati in Assistenza domiciliare integrata (Adi) resta contenuto. Se sono in miglioramento gli indicatori relativi all’area ospedaliera in termini di appropriatezza e di sicurezza e qualità delle cure, resta tuttavia eccessivo in tutto il paese (ma soprattutto al sud) il ricorso ai parti cesarei nelle strutture con un limitato numero di parti l’anno; come pure non è stata raggiunto nella maggior parte delle regioni meridionali l’obiettivo di interventi tempestivi per alcune patologie, quali la rottura del femore nei pazienti anziani, in cui gli esiti dell’operazione dipendono in modo cruciale dalla brevità dei tempi intercorrenti dal ricovero”.

“Continuano a segnalarsi situazioni di inefficiente utilizzo delle risorse ospedaliere e, al contempo, una inadeguatezza della rete territoriale, gli indicatori legati agli accessi ai pronto soccorso che, diminuiti durante la pandemia, sono aumentati nuovamente nel 2021, evidenziando come in numerose realtà territoriali gli ospedali siano il principale (e a volte l’unico) punto di riferimento per l’assistenza. Difficoltà che trovano riscontro sia nel ritardo con cui è stato possibile recuperare le liste d’attesa dei ricoveri e della specialistica ambulatoriale accumulate durante la pandemia, sia nelle problematiche relative al personale soprattutto ospedaliero. Permangono le carenze di organico e si aggravano criticità nel funzionamento dei servizi di emergenza e urgenza”, rileva infine la Corte.

Il procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri ha dedicato un capitolo della relazione scritta alle problematiche della responsabilità medica, spiegando che “il tema deve divenire parte delle riflessioni sull’efficienza del sistema sanitario che, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica – accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato – cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni ed investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni, capaci di ridare lustro ad una professione che, assieme a quella degli insegnanti, misura il senso civile di un Paese”.

“Spesso i profili di criticità, da cui scaturiscono danni risarcibili davanti alla Corte dei conti, derivano – oltre che da errore umano – da carenti o disfunzionali assetti organizzativi, sia a livello di “macro area” (ad esempio inefficiente distribuzione di risorse in ambito statale/regionale/locale) sia a livello di “micro struttura” (come la singola azienda sanitaria o singola struttura ospedaliera)”, dichiara Silvestri. Le inefficienze, quindi, deriverebbero anche dalla mancanza di investimenti sulla sanità. “Oggi la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone ed un pesante aumento della spesa privata”. Silvestri porta anche alcuni esempi. L’infermiera veneta che omise di somministrare il vaccino a un paziente, il ginecologo friulano che non riconobbe la gravidanza extrauterina di una signora, il medico umbro che ha causato il decesso del proprio paziente per errori in sala operatoria e altro ancora. La cosiddetta malpractice (cattiva pratica) medica ha dato il via a numerose inchieste delle procure regionali contabili.

   

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