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Ssn in crisi sistemic.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Marzo 2024 15:46 Scritto da Sandro Lunedì 18 Marzo 2024 15:44

Corte dei Conti:

“Ssn in crisi sistemica non garantisce più equità di accesso a cure”

da Cristina Fortunati14 Febbraio 2024Aggiornato:14 Febbraio 2024

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La magistratura contabile: “La tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato. Il Ssn dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia soffre di una crisi sistemica accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato”. E il tema della “responsabilità medica” è parte del più ampio problema della “crisi sistemica” della sanità cui servono “decisioni e investimenti non più rinviabili”.

“Non si può sottacere che la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata; la tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato”. È questa la fotografia scatta dalla Corte dei conti sul Ssn durante la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024.

Ma non solo, un capitolo della relazione scritta è stato dedicato alle problematiche della responsabilità medica. “Il tema – scrive la Corte – deve divenire parte delle riflessioni sull’efficienza del sistema sanitario che, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica – accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato – cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni ed investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni, capaci di ridare lustro ad una professione che, assieme a quella degli insegnanti, misura il senso civile di un Paese”.

“La spesa sanitaria – afferma la Corte – è oggi, dopo la difficile fase pandemica, alla ricerca di nuovi equilibri. Nel 2022 in termini di contabilità nazionale le spesa ha segnato una riduzione in termini di prodotto e assume, nelle previsioni del governo nel DEF 2023, un profilo in continua flessione anche nel prossimo triennio. Una “normalizzazione” in attesa che i fenomeni demografici portino a nuovi incrementi. Si tratta di un quadro che trova nei conti regionali ulteriori elementi: nel 2022 seppur a tassi più contenuti dello scorso biennio, la spesa sanitaria ha continuato a crescere più delle entrate, ponendo le Amministrazioni di fronte alla necessità, come è avvenuto anche nel 2023, di “dirottare” al finanziamento del settore risorse aggiuntive per garantire l’equilibrio dei conti. Inoltre, guardando alla spesa sanitaria pro-capite, si accentua la variabilità interregionale, mettendo in luce non tanto le differenze nei bisogni delle popolazioni, quanto piuttosto le diverse capacità di reazione legate alle caratteristiche dei modelli di produzione dell’assistenza a livello regionale”.

“Il monitoraggio dei LEA relativi all’esercizio 2021 – sottolinea la Corte -, pur evidenziando un miglioramento generale dopo la battuta di arresto dell’anno precedente, con 14 regioni che raggiungono la sufficienza in ciascun livello di assistenza (rispetto alle 11 del 2020 ma alle 15 del 2019) indica il permanere di criticità, soprattutto nelle regioni meridionali. Continuano a rilevarsi valori estremamente contenuti, ad esempio, per gli screening oncologici effettuati nelle regioni in Piano, e solo parziale nel 2022 è stato il recupero delle prestazioni non effettuate durante la pandemia; il tasso di pazienti trattati in Assistenza domiciliare integrata (Adi) resta contenuto. Se sono in miglioramento gli indicatori relativi all’area ospedaliera in termini di appropriatezza e di sicurezza e qualità delle cure, resta tuttavia eccessivo in tutto il paese (ma soprattutto al sud) il ricorso ai parti cesarei nelle strutture con un limitato numero di parti l’anno; come pure non è stata raggiunto nella maggior parte delle regioni meridionali l’obiettivo di interventi tempestivi per alcune patologie, quali la rottura del femore nei pazienti anziani, in cui gli esiti dell’operazione dipendono in modo cruciale dalla brevità dei tempi intercorrenti dal ricovero”.

“Continuano a segnalarsi situazioni di inefficiente utilizzo delle risorse ospedaliere e, al contempo, una inadeguatezza della rete territoriale, gli indicatori legati agli accessi ai pronto soccorso che, diminuiti durante la pandemia, sono aumentati nuovamente nel 2021, evidenziando come in numerose realtà territoriali gli ospedali siano il principale (e a volte l’unico) punto di riferimento per l’assistenza. Difficoltà che trovano riscontro sia nel ritardo con cui è stato possibile recuperare le liste d’attesa dei ricoveri e della specialistica ambulatoriale accumulate durante la pandemia, sia nelle problematiche relative al personale soprattutto ospedaliero. Permangono le carenze di organico e si aggravano criticità nel funzionamento dei servizi di emergenza e urgenza”, rileva infine la Corte.

Il procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri ha dedicato un capitolo della relazione scritta alle problematiche della responsabilità medica, spiegando che “il tema deve divenire parte delle riflessioni sull’efficienza del sistema sanitario che, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica – accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato – cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni ed investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni, capaci di ridare lustro ad una professione che, assieme a quella degli insegnanti, misura il senso civile di un Paese”.

“Spesso i profili di criticità, da cui scaturiscono danni risarcibili davanti alla Corte dei conti, derivano – oltre che da errore umano – da carenti o disfunzionali assetti organizzativi, sia a livello di “macro area” (ad esempio inefficiente distribuzione di risorse in ambito statale/regionale/locale) sia a livello di “micro struttura” (come la singola azienda sanitaria o singola struttura ospedaliera)”, dichiara Silvestri. Le inefficienze, quindi, deriverebbero anche dalla mancanza di investimenti sulla sanità. “Oggi la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone ed un pesante aumento della spesa privata”. Silvestri porta anche alcuni esempi. L’infermiera veneta che omise di somministrare il vaccino a un paziente, il ginecologo friulano che non riconobbe la gravidanza extrauterina di una signora, il medico umbro che ha causato il decesso del proprio paziente per errori in sala operatoria e altro ancora. La cosiddetta malpractice (cattiva pratica) medica ha dato il via a numerose inchieste delle procure regionali contabili.

 

Salonicco. ISTRUZIONE PUBBLICA GRATUITA PER TUTTI

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Ultimo aggiornamento Lunedì 11 Marzo 2024 12:58 Scritto da Sandro Lunedì 11 Marzo 2024 12:45

 

Salonicco dell'A.P.O. -

O.S. per la manifestazione antirepressiva -

GIUSTIZIA SARÀ FATTA IN STRADA

 

 

Il tentativo di privatizzazione delle università attraverso l'elusione dell'articolo 16 della Costituzione incontra la resistenza di migliaia di studenti e studentesse, combattenti e combattenti. Dall'inizio dell'anno, le centinaia di scuole occupate, le assemblee generali di massa e le marce dinamiche hanno di fatto bloccato lo Stato, rinviando di quasi un mese la consultazione pubblica del quadro legislativo. ---- Lo Stato ha tentato di reprimere la lotta degli studenti con molteplici mezzi, con il tentativo di infiltrarsi nella fazione governativa, il DAP, nelle assemblee generali, per porre fine alle occupazioni, con minacce per i semestri perduti, con interventi giudiziari nelle occupazioni, con l'esame elettronico e l'aggiramento delle decisioni sia delle associazioni studentesche che delle assemblee dei professori, con il tentativo di intimidire i funzionari amministrativi e i professori solidali con gli studenti ' lotta attraverso misure disciplinari e minacce per l'EDE.

Poiché tutto ciò non è riuscito a diminuire la lotta per difendere il carattere pubblico delle università, lo Stato sceglie di fare ciò che sa bene, di utilizzare le squadre d'assalto repressive della democrazia, poiché dove le minacce non si domano arriva il momento dell'esercizio.

forza bruta. Il 15 febbraio, il MAT ha attaccato senza provocazione il corpo del corteo studentesco, spezzandolo a metà, scatenando scontri e facendo seguito a 3 arresti di combattenti e combattenti con l'accusa di disturbo alla quiete pubblica e possesso di armi.

Poco dopo scoppiano gli scontri con le forze dell'ordine, mentre il MAT decide di invadere nuovamente il manicomio.

Il tentativo di intimidire i concorrenti non passerà.

Dobbiamo essere tutti solidali nella lotta per difendere congiuntamente il carattere pubblico di tutti i beni sociali e la possibilità di libero accesso ad essi, ponendo le pietre per la società di domani, una società di uguaglianza e solidarietà.

SOLIDARIETÀ AGLI ARRESTATI -

NESSUN PROCESSO PENALE DEGLI OCCUPANTI

ISTRUZIONE PUBBLICA GRATUITA PER TUTTI

 

Marzo: 15/02, 20.00, Kamara

Ritrovo ai tribunali: 16/02, ore 9.00

Coordinamento locale di Salonicco -

Organizzazione politica anarchica

https://landandfreedom.gr/el/agones/1504-thes-niki-kalesma-tou-t-s-thessalonikis-tis-a-p-o-o-s-stin-antikatastaltiki-diadilosi

   

ritornare al proprio posto di lavoro

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Scritto da Sandro Giovedì 07 Marzo 2024 09:23

Licenziamento nullo, è un diritto riavere il vecchio posto di lavoro:

nuova sentenza della Corte Costituzionale

Adesso è possibile ritornare al proprio posto di lavoro anche se il caso di licenziamento nullo non rientra fra quelli espressamente previsti dalla legge
Così è stato deciso dalla Corte costituzionale. Nella sentenza n. 22 dello scorso 22 febbraio, i giudici della Consulta hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, primo comma, del D. Lgs. 23/2015, limitatamente alla parola “espressamente”.


Ma cosa afferma precisamente la norma censurata?

La disposizione emanata in attuazione dei criteri fissati nella legge di delega (L. 183 del 2014, cosiddetto Jobs Act), recita: “Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto.

Quindi, in base al dettato della norma, la tutela reintegratoria per effetto della quale non si perde il posto di lavoro troverebbe applicazione solo nei casi di licenziamento nullo per motivi discriminatori o nei casi per i quali è la legge stessa a prevederne espressamente la nullità.
Ma adesso la disposizione non potrà essere più applicata in questi termini, perché questa forma di tutela che consente di riavere il proprio lavoro è stata estesa anche ai casi di nullità “virtuale” di licenziamento, la cui causa cioè non è prevista in modo esplicito dalla legge.

La questione era stata sollevata dalla Corte di cassazione rimettente, che aveva censurato tale limitazione per violazione del criterio direttivo fissato dal Jobs Act, deducendo che l’esclusione delle nullità, diverse da quelle «espresse», non trovasse rispondenza nella legge di delega, la quale riconosceva la tutela reintegratoria a più largo spettro, ovvero nei casi di “licenziamenti nulli” senza distinzione alcuna.

Più in dettaglio si osserva che l’introduzione dell’avverbio «espressamente», che restringerebbe l’applicazione della tutela reintegratoria ai soli casi in cui la nullità sia individuata come tale da una specifica disposizione di legge, non sarebbe coerente né con i principi e i criteri fissati dalla legge delega, che ha invece esteso la reintegrazione ad ogni fattispecie di licenziamento nullo, senza alcuna esclusione, né con il quadro normativo generale, in quanto una distinzione tra la nullità conseguente alla violazione della norma inderogabile di protezione, pur non espressamente prevista, e la nullità espressamente prevista non è indice di una diversa gravità del vizio che dà luogo alla nullità, posto sempre a presidio di valori ritenuti fondamentali dall’ordinamento giuridico.

La Corte costituzionale ha ritenuto fondata questa censura, evidenziando che l’esplicito riferimento ai “licenziamenti nulli”, contenuto nel criterio direttivo, non contemplava la distinzione tra nullità espresse e nullità non espresse, ma una distinzione soltanto per i licenziamenti disciplinari ingiustificati.

Discostandosi da tale criterio, il legislatore delegato ha finito per introdurre una distinzione nell’ambito dei casi di nullità previsti dalla legge, differenziando secondo il carattere espresso (e quindi testuale), o meno, della nullità.
Inoltre, prevedendo la tutela reintegratoria solo nei casi di nullità espressa, ha lasciato prive di specifica disciplina le fattispecie “escluse”, ossia quelle di licenziamenti nulli sì, per violazione di norme imperative, ma privi della espressa sanzione della nullità, così dettando una disciplina incompleta e incoerente rispetto al disegno del legislatore delegante.
Tra le numerose fattispecie in cui manca una previsione “espressa” di nullità, vengono in rilievo casi come il licenziamento in violazione delle restrizioni sui licenziamenti economici durante l’emergenza COVID-19, il licenziamento durante il periodo di comporto per malattia, il licenziamento in violazione del diritto alla conservazione del posto per dipendenti con problemi di tossicodipendenza, il licenziamento motivato dall’azione legittima del dipendente di segnalare illeciti del datore di lavoro e il licenziamento contrario alle norme sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Alla luce della pronuncia della Corte costituzionale, ora, il regime del licenziamento nullo è identico, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra l’espressa sanzione della nullità, sia che ciò non sia testualmente previsto, sempre che risulti prescritto un divieto di licenziamento al ricorrere di determinati presupposti.

 

   

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